Montalbano
fu città medievale importante perché posta al centro del crocevia
stradale, la via Francigena che collegava le coste della Sicilia
nord-orientale e l’interno dell’isola. La strada Palermo
- Messina
passava all'epoca dalla vecchia strada romana e normanna
dell'Alcantara
e all'incrocio con Randazzo
si inerpicava per i Peloritani
fino all'Argimusco
per poi scendere da lì verso Tripi
e Tindari.
Nel 1282 Pietro
III d’Aragona,
I di Sicilia,
padre di Federico
III, dovendo recarsi da Randazzo
a Messina,
raggiunse il «locum
qui dicitur Argimustus»,
e
da qui «descendens
apud Furnarum,
ibi residens noctem fecit».
Pietro III
d’Aragona,
inoltre, guardando il panorama
dall’alto dell’Argimusto
ammirò la «sedes
helene tindaree, ubi virginis hodie sacre domus excolitur»,
ovvero ammirava Tindari
ove già allora insisteva il santuario.1
Con
sottile arguzia un giovane studioso ha recentemente sottolineato
che il cronista che accompagnava Pietro
III, Bartolomeo da Neocastro, non abbia fatto “curiosamente”
alcun riferimento alla presenza di megaliti nella zona.2
Le ipotesi sono due: o il cronista era distratto o semplicemente non
esistevano ancora i cosidetti “megaliti”.
E'
un fatto storico che il re
Federico
III risiedesse per gran parte del suo Regno a Messina
e durante il periodo
estivo a Montalbano,
in particolare3.
E' provato che nel mese di luglio 1308 soggiornasse proprio
sull'Argimusco4
e che per l'intero mese di settembre 1308 risiedesse a Montalbano5.
Il
16 luglio 1308 Federico III, con lettera diplomatica, risponde dall “
Argimusco” a Giacomo
II che gli proponeva una tregua con Roberto duca di Calabria.
Un
suo ospite catalano, il famoso capitano di ventura Ramon
Muntaner, scrisse che nel mese di luglio del 1309 “....senyor
rey era a Montalba
en un lloch que ell esta volenters destiu, e aço era en iuliol....”.
E ancora: “...Y cuando llegué a Montalbà, el señor rey había
hecho venir a En Simón de Montoliu, y al día siguiente de su
llegada, el señor rey me hizo acudir al palacio, ante sí; y allí
estaban el conde Manfré de Clarmunt, y misser Damià de Palisi, y
misser Orrigo Rosso, y muchos otros ricoshombre de la isla, y muchos
caballeros catalanes y aragoneses, y muchas otras buenas gentes, de
forma que había al menos un centenar de buenos hombres de gran
linaje, y mucha otra gente….”6
Nel
1310 e 1311 è anche provato che Federico risiedette a Montalbano
(nel mese di agosto e settembre del 1311 in particolare7)
e che da lì transitasse per andare a Randazzo8.
Come
tra poco vedremo, varie opere di edilizia civile, militare e
religiosa vennero realizzate
proprio in quel periodo
vicino l'Argimusco
e a Montalbano.
Secondo gli storici, Federico
III d'Aragona
a Montalbano
curava la gotta grazie alle acque del Tirone.
Per come la storiografia più attenta di oggi riconosce, Federico
III in quei luoghi ospitava i Fraticelli
o Spirituali
di Francesco all'epoca perseguitati dalla Chiesa
Romana. Per le conseguenze dell'appoggio papale
agli Angioini
e le successive scomuniche in Sicilia,
per decine di anni non vennero somministrati i sacramenti9.
Da lì l'appoggio della casa reale
per i beghini
catalani e per i fraticelli
e spirituali
italiani,
che fecero sì che Federico accogliesse, con festeggiamenti10
nell'area
messinese11,
i fraticelli
che scappavano
dalle persecuzioni fatte al nord.
Tra
i simpatizzanti dei fraticelli,
nel 1305, Federico
III accolse il medico di suo fratello, il già anziano francescano
Arnau da Villanova (in catalano Arnau
de Vilanova). Dopo avere conosciuto il pensiero beghino12
a Montpellier,
fu messo all'indice prima dai teologi
dell'Università
di Parigi13,
ove insegnò, e, poi, per poco non era stato condannato al rogo
dall'Inquisizione a Perugia.
Arnau
fu da allora spesso ospite della Corte di Montalbano14,
pur continuando a fare viaggi in Europa, per conto di Federico:
“...`clam
aufugit & profectus in Siciliam
à Rege Siciliae
Frederico in magno honore habitus est...”,
scrisse il Champier
nella vita
di Arnau15.
Arnau
continuò a predicare con la sua visione religiosa basata sul
pensiero francescano con punte di millenarismo giacobita
apocalittico.
Tra
la fine del 1304 e la primavera del 1305 Arnau fu a Catania
dove compose l'Allocutio
christiani de hiis quae homini conveniunt secundum dignitatem
creaturae
rationalis,
scritto oggi perduto dedicato “Ad
inclitum tercium Fredericum Trinacriae
regem illustrem”16.
Arnau
tornò in Sicilia
alla fine del 1308.
Arnau
predicò un'impostazione religiosa basata sul rigore evangelico
beghino17,
aggiungendovi la convinzione gioachimita della fine del mondo da lui
prevista per il 136818
o 137619
e praticando a corte la medicina
astrologica, la “melotesia”,
per la cura della salute e del corpo del re20.
Arnau,
secondo il Mongitore,
rimase in Sicilia la maggior parte del tempo e fu inviato come
ambasciatore di Giacomo
II d'Aragona
per un accordo tra suo fratello Federico
III e Roberto
d'Angiò, re di Napoli,
fratello di Eleonora
d'Angiò.
Vera
è, dunque, la tradizione che vuole Arnau presente nel 1309 alla
corte angioina di Napoli.
L'uso del nome Raynaldus,
talvolta usato al posto di Arnaldus, pare sia da fare risalire a
Roberto
d'Angiò, re appassionato di alchimia,
in una lettera del 15 aprile 1310 destinata a Bianca,
regina d'Aragona,
sua cugina21,
mentre numerosi
sono i testi alchemici dedicati da Arnau al Re Roberto.
Nel
soggiorno siciliano,
poi, Arnau scrisse un altra operetta perduta “Interpretatio
facta per Magistrum Arnaldum de Villanova de visionibus in somnis
dominorum Iacobi secundi regis Aragonum et Frederici tertii regis
Siciliae
eius fratris”.
Nel 1309 Arnau, presentando al papa
ad Avignone
il suo Rahonement,
altro testo sui sogni dei due fratelli Giacomo e Federico, disse al
papa di
avere convinto la regina Eleonora
a vendere i suoi gioielli e con il ricavato darlo ai poveri e per una
nuova crociata.
Nel
manoscritto conservato a Londra, British Library, add. 10764, XV
secolo, fol.71-74, 157-163, Arnau cosi inizia: ”Incipit
Epistola Magistri Arnaldi de Villa Nova in regno Cicilie directa ad
Papam
Bonefacium, de lapide philosphorum...”.
Nello
stesso anno, nell'ottobre 1309, nei Capitoli
di Piazza, il re promulgò una legge repressiva del lusso, che
prevedeva l'apertura di scuole per maschi e femmine e altri
provvedimenti pieni di umanità verso schiavi, arabi
ed ebrei. Nei successivi 48 capitoli stabilì anche il valore
giuridico della deposizione delle donne nella compravendita di
immobili, una specie di rivoluzione nel campo dei diritti civili e
della non discrimazione sessuale antesignana delle legislazioni del
1900. I capitoli sono stati con grande probabilità influenzati
dall'insegnamento di Arnau a corte nonchè dal carattere dolce ma
deciso della Regina Eleonora
d'Angiò, moglie di Federico, che, lo vedremo, aveva già ottenuto
nel 1305 l'istituzione della Camera
Reginale siracusana, ovvero l'amministrazione di un proprio
patrimonio reginale all'epoca limitato alle terre e al castello
di Avola anche se di fatto esteso a tutta Siracusa.
Nel
1310 Arnau è di nuovo in Sicilia
ove compone la Informaciò
espiritual al Rei Frederic de Sicilia.
In esso Arnau si rivolge alla regina Eleonora
raccomandandole di non avere letture futili e di organizzare forme
di gruppi religiosi sullo stile beghino.
Nello stesso anno, 1310, probabilmente, Eleonora
fece una donazione
ad Arnau22
consistente in un tabernacolo di legno inventariato al n. 171 dei
suoi beni23.
Altro regalo furono, verosimilmente, le Chiese di Spirito Santo e
Santa Caterina d'Alessandria24
costruite durante l'ultima permanenza di Arnau a Montalbano nel 1310
e quest'ultima dedicata (secondo noi dopo la morte di Arnau nel 1344)
alla patrona degli alchimisti. Di seguito ipotizzeremo che tale
regalo possa essere stato fatto in segno di ringraziamento per un
importante servizio reso da Arnau per conto e a spese della Camera
Reginale. Non sappiamo esattamente a che cosa Arnau possa avere
destinato le risorse destinate per detto servizio. O, almeno, tra
poco lo sapremo...
Certamente,
le risorse per il servizio non provenivano dalla vendita dei gioielli
personali già fatta nel 1309, presentata al papa
nello stesso anno e destinata alle summenzionate finalità.
Le
risorse provenivano dal patrimonio della Camera
Reginale nel Val di Noto: di seguito indicheremo anche l'atto della
Cancelleria reale che le trasferisce da Siracusa a Montalbano25.
Morto nel 1308 il vecchio gestore, Raniero
di Sciacca, castellano di Avola, Eleonora
elesse, il 28 maggio 1308, quale nuovo castellano di Avola,
Calcerando
de Vergnea.
Con grande probabilità fu quest'ultimo, quale delegato alla
giurisdizione criminale, a dovere sanzionare quella che si può oggi
ritenere una vera e propria rivolta fiscale che scoppiò, lo
anticipiamo, allorchè venne imposto un nuovo tributo senza alcuna
ragione giustificativa a supporto26.
Rimandiamo a tra poco i dettagli su cosa successe.
Arnau,
come l'altro medico francescano alchimista
catalano Raimondo
Lullo,
aveva una grande attenzione per i cavalieri templari:
essi dovevano
favorire la conversione degli infedeli e la ripresa della terra
santa27.
I
cavalieri templari
proteggevano
i pellegrini nel viaggio per la terra
santa, i cavalieri teutonici e templari
siciliani
si occuparono anche della protezione dei beghini
e dei fraticelli
presenti soprattutto nel territorio messinese. Il simbolo del Delta
o Tetragrammaton,
che tra poco esamineremo, presente dietro il megalite
della Vergine,
è di ausilio in questo senso. Il Tetragrammaton,
ovvero il nome di Dio, inteso da Arnau a tre lettere come la Trinità,
il cui simbolo era il Delta
in cui lo stesso era inscritto, rappresentava uno dei gradi templari
quello dei "Cavalieri
del Delta
Sacro".28
ll fatto che sia presente sull'Argimusco,
poco distante dalla regia
aedes di Federico, in un area
in cui egli proteggeva i fraticelli
non riteniamo sia un caso. I templari
hanno certamente qualcosa a che fare con l'Argimusco:
la presenza di uno dei loro simboli lo attesta. I documenti di Arnau,
qui indicati in nota, lo confermerebbero.
IL TETRAGRAMMATON
TEMPLARE DI ARNAU
Dietro il megalite della Vergine troviamo, infine, una prova della presenza di Arnau sull'Argimusco: un Delta. Il delta si trova non a caso dietro il megalite della Vergine. Tra i gradi templari vi erano, infatti, i "Cavalieri del Delta Sacro". Loro compito "custodire con fedeltà il tesoro della sapienza tradizionale, sempre velandolo a coloro che non sappiano penetrare nel "terzo cielo". Dall'orfismo e dal pitagorismo sappiamo che il terzo cielo è quello di Venere29.
Dicevamo
che dietro la Vergine vediamo una preesistente roccia rimaneggiata al
fine di renderla perfettamente triangolare, a forma di delta.
Non trattasi di una piramide, causa l'irregolarità degli altri lati.
Degli scalini sono stati poi scavati sopra di esso al fine di
consentire di salirvi sopra.
Il
delta,
oltre che essere l'antico simbolo pitagorico della Tetraktis
pitagorica, era anche il simbolo del Tetragrammaton30
ovvero il nome di Jahve
("יהוה"):
Joth,
Heth,
Van
(Vau), Heth.
Di esso Arnau tratta estesamente nel libro "Allocutio
super significatione nominis
"Thetragrammaton":
“Cum igitur ordine temporis hebrayca
lingua precedat latinam, in acceptione Sacre Scripture contemplemur
primo figuras litterales quibus in hebreo scribitur illud nomen. Sunt
autem he: "יהוה",
id est yod, he, vau, he»31.
Arnau, nel testo, riduce le lettere del nome da quattro a tre (il
delta,
appunto) per esprimere la Trinità, seguendo anche l'insegnamento
ebraico cui era stato introdotto dall'ebreo convertito Ramon
Martì.
Le
lettere del Tetragramaton dovevano
essere incise anche sui sigilli/statue,
secondo le indicazioni che lui stesso diede nel "De
Sigillis".
Il
medico Arnau, amico dei fraticelli
spirituali
e beghino
convinto, era fortemente consapevole della necessità di associare
alle cure mediche, regolate dalle stelle,
anche preghiere a Dio. Cui, comunque, prescrive di rivolgersi,
soprattutto, durante la preparazione dei sigilli
astrali, per come vedremo infra.
Insomma,
in questa ipotesi, l'Argimusco
non sarebbe mai stato un luogo di strane pratiche magiche o di
antichi riti sulla fertilità. Sarebbe stato creato,
come meglio spiegheremo nella pagine seguenti, per la pratica della
medicina
astrale e della medicina
alchemica in voga presso i francescani, come Ruggero
Bacone,
Arnau de
Vilanova o Giovanni
da Rupescissa.
I Francescani
spirituali32,
lo ricordiamo, venivano
protetti dalle persecuzioni e accolti in Sicilia
da Federico
III. Arnau, dopo avere scritto vari libri rivolti ai Beghini
di Provenza,
simpatizzò per gli spirituali
toscani e si rifugiò in Sicilia
per sfuggire all'Inquisizione di Perugia.
Sui
templari
Arnau dice nel Expositio
super Apocalypsi, «ECCLESIA
LAODICIE respicit primo et principaliter septimum et ultimum tempus
Ecclesiae militantis, quod post mortem Antichristi curret usque ad
finem mundi. Secundario respicit statum regularem Christo militantem,
ram corporaliter quam spiritualiter,
ut est status Hospitalariorum et Templariorum
et Uclesii et Calatravae et similium...».
In una lettera a Giacomo
II Arnau considera i cavalieri templari
come uno dei segni positivi del settimo tempo della Chiesa
che seguirà la morte dell'Anticristo
(Ad
Jacobum Il de Templariis)33.
Il
sito sarebbe stato, dunque, ideato
dal medico Arnau
de Vilanova? Non è ancora l’ora di avanzare tali ipotesi. Arnau
de Vilanova è, comunque, il più grande personaggio storico di
levatura mondiale che abbia mai vissuto nell'area.
E'
provato che durante il periodo
di Federico
III34
un importante cantiere edile venne messo all'opera a Montalbano
per il Castello medievale35
e per la Chiesa
di Santa
Caterina
d'Alessandria36,
attigua al castello e per quella dello Santo
Spirito costruita nel 1310. Nella chiesa di Santa
Caterina è
tutt'ora riportata sul campanile
la data del 1344, ma la costruzione è da fare risalire al 1310 a
causa dello stile in tutto simile a quello della chiesa di Spirito
Santo.
Le
due chiese sono orientate proprio verso l'Argimusco
a sud (e non verso est come si usava all'epoca). La Chiesa
di Santa Caterina singolarmente conserva un merlo (addirittura!)
ghibellino
e non ha nell'arco del portale alcuna chiave
di volta37.
Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli
d'Amore38,
cui apparteneva tra gli altri Dante
Alighieri, e poi dei Rosacroce
(secondo Gottfried
Arnold lo era lo stesso Arnau39).
Parimenti nella finestrella sopra il portale della Chiesa dello
Spirito Santo sono presenti due rose.
Santa
Caterina
d'Alessandria
era la santa patrona degli alchimisti: non è, dunque, un caso che
accanto alla chiesa
ad Ella dedicata fosse stato sepolto, secondo il Fazello,
il più famoso alchimista
e medico europeo, Arnau
de Vilanova. A questo proposito vale segnalare che è provato che
Arnau de
Vilanova fosse al seguito di Federico
III nel 1310, e dunque, presente a Montalbano.
La chiesa
dedicata alla patrona degli alchimisti venne realizzata,
dunque, davanti
al grande medico-alchimista
Arnau. Nello stesso periodo
vennero presumibilmente realizzati
i primi contrafforti di un castello, il Castellazzo,
mai finito, poco lontano dall'Argimusco,
in località Polverello40,
nonché una torre-fondaco proprio dirimpetto all'area
dell'Argimusco.
Se
ipotizziamo, come stiamo facendo, la coeva realizzazione anche
dell'Argimusco, in contemporanea con le altre realizzazioni
montalbanesi, non possiamo non osservare la grande maestria tecnica
adoperata oltre che la possente dotazione di mezzi e risorse
necessaria all'opera.
I
congregati di sabbia e pietruzze visibili oggi nei megaliti
del pellicano,
nella civetta,
nell'aquila
e nel cigno
sono segnale di una grande abilità nella lavorazione e nella
modellazione (come nel caso dei megaliti
del cigno e
della civetta).
I grandi massi lavorati e issati nel megalite
del cratere
e nel suo mestolo
tagliato di netto dal corpo del megalite,
nel corvo
(il cuneo di pietra non si sa come inserito lungo la spalla), e
sopratutto nell'aquila,
fanno intuire la presenza di grandi argani abilmente adoperati. La
scultura quasi pittorica della vergine
fa, poi, intravedere una grande maestria e una direzione
presumibilmente fatta a distanza per via proprio della visibilità e
della fruizione dell'immagine, tutt'ora godibile dal centro del
pianoro.
La
cava a cielo aperto, ancora oggi visibile presso la cosidetta Grande
Rupe, consente di avere un'idea
dell'abilità dei maestri intagliatori. Questi con alti ponteggi
estraevano
grandi megaliti
dalla cava. Alcuni li inserivano
con possenti argani dentro i megaliti
già presenti, è il caso dell' enorme cuneo inserito a sostegno
dietro la schiena del Corvo,
altri venivano
trasportati e lavorati sul luogo di installazione.
Attorno
alla cava sono, però, ancora visibili dei grandi massi sparsi
disordinatamente sull'altipiano e non utilizzati. Segnale
inequivocabile che per un qualche motivo il progetto è rimasto
interrotto. Vedremo che questa è una delle chiavi per svelare il
mistero del sito.
Per
individuare una comune matrice culturale bisogna prima individuare il
periodo
storico in cui le costellazioni
furono maggiormente utilizzate per una qualche forma di interazione
con l'uomo e quando tale interazione potè trovare attenzione e
applicazione tecnica in Sicilia
e in quell'area,
in particolare. Abbiamo detto che tra tutte le epoche storiche quella
che riservò la maggiore attenzione alle scienze astronomiche
e astrologiche fu quella araba, grazie all'apporto dei cosidetti
“sabei”
di Harran41. Essi
influenzarono il pensiero arabo esplicando i principi ermetici della
specularità tra “ciò che sta in cielo e ciò che sta sulla terra”
(“quod
est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est
sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius”
recita la Tabula
Smaragdina ermetica). Tali principi vennero declinati nel senso di
un'interazione tra uomini e costellazioni
determinanti influssi oggettivi che investivano
la salute (la scienza medica, sempre araba, che all'epoca curava
mediante le stelle42
era la “melotesia”43),
fino ad arrivare ad una vera e propria religione delle stelle,
l'“astrolatria”.
Ogni parte del microcosmo-corpo
umano corrispondeva con un macrocosmo-costellazione44.
L'astrologia,
nello studio dell'azione del macrocosmo
sul microcosmo
umano45,
si applicava sia alla diagnostica che alla terapeutica medica. Le
opere astronomiche
degli Arabi
vennero tradotte alla corte spagnola di Alfonso
X di Castiglia,
chiamato il Saggio46,
e da lì in gran massa arrivarono in occidente. Non è un caso,
dunque, che alla corte aragonese di Giacomo
II47
e a quella aragonese siciliana
di Federico
III tali opere fossero in gran voga48.
La prima opera di astronomia
in catalano fu il Trattato
d'Astronomia
redatto da Raimondo
Lullo, un
altro futuro ospite di Federico
III, nel 129749.
Tra le altre compilazioni di origine iberica le più rilevanti
furono “Il libro dei giudizi delle stelle”
dell'ebreo Abraham
ben Meir ibn Ezra e il Libro dei giudizi d'Astronomia”
di Giovanni
di Siviglia. L'astrologia50
divenne anche applicazione magica51
tanto con l'uso di talismani quanto con l'uso di immagini
raffigurate in statue52,
per come insegnato dal sabeo
Thebit Ibn
Qurra nel “De
Imaginibus”. La magia
harraniana
era la più genuina rappresentante della «scienza
delle immagini».
Questa scienza spiega l'intima relazione del macrocosmo
celeste con il microcosmo
terrestre e la stretta connessione del movimento degli astri
con gli eventi umani, indicando la «scientia
astrorum» come la principale delle scienze naturali e applicando i
poteri occulti della natura e dei suoi elementi per mezzo
dell'influsso che sopra quelli esercitano i corpi celesti53.
Tali principi, furono esposti in dettaglio in opere come la
Enciclopedia de los “Hermanos
de la Pureza”
(Ijwan al-Safa) conosciuto in latino come De radiis di Al-Kindi54.
Cerimonie venivano
fatte per attrarre il potere degli astri
sopra certi oggetti scolpiti con immagini
magiche che, realizzati
in determinati momenti astrologici, si trasformano in talismani per i
più diversi fini55.
L'opera “Libro
de las formas y de las
imàgenes”
riguardava i modi di catturare il potere dei corpi celesti da parte
di un mago, scolpendo determinate immagini
dei corpi celesti in certe pietre in precisi momenti astrologici56.
In opere come Gayat
al-hakim, la cui versione in latino fatta ai tempi di Alfonso
è conosciuta come Picatrix,
troviamo dissertazioni sopra principi filosofici della magia
astrale, come anche concrete invocazioni57.
Il neoplatonico Plotino,
diceva in uno dei suoi scritti che gli astri
“trasmettono
la loro influenza per una sorta di irradiazione”58.
Questa «sorta di irradiazione», in particolare, quella
perpendicolare, diretta dagli astri59,
è il tema principale dell'opera sopraccitata, il De Radiis, opera
che avrà una grande influenza nello sviluppo della magia
astrale araba. La virtù dell'astro agisce con più forza quando
arriva in forma concentrata piuttosto che diffusa, per effetto della
rifrazione o della riflessione. La stessa cosa accade
quando i raggi di una stella colpiscono in perpendicolare piuttosto
che in obliquo, a causa dei minori angoli di incidenza dei raggi che
raggiungono la terra. Le influenze astrali non erano considerate da
Al-Kindi
come forze demoniache,
ma, piuttosto, come raggi di luce
ovvero come forze naturali60.
Altro elemento del testo di Al
Kindi era quello sulla virtù delle parole. Tutte le cose sia quelle
del mondo celeste sia quelle del mondo elementare emettono suoni e
dunque effetti. Al
Kindi elebora una teoria sugli incantesimi e stabilisce che in ogni
caso l'efficacia dei canti, nomi
o incantesimi per i segni dipende sempre dall'armonia celeste. Quanto
più l'imposizione del significato del nome attribuito dall'uomo
concorda con quello dell'armonia celeste, di tanto più la virtù di
quel nome sarà potente, poiché esso sarà dotato di una virtù
naturale proveniente dai cieli e da una virtù accidentale
conseguente61.
Compito
del mago, secondo la tradizione canonica della magia
astrale, è quello di catturare questo potere costruendo ricettacoli
adeguati,
scolpendo determinate immagini
in determinati momenti e realizzando
idonei rituali con incensi, musiche e incantesimi. Sebbene al-Kindi
presenti i principi generali del processo, non ci sono nella sua
opera dettagli concreti al fine della realizzazione
della detta attività magica, al contrario del Picatrix,
dove abbondano, invece, le formule con specificazioni dettagliate62.
L'opera
con un'applicazione più pratica della magia
astrale si attribuisce precisamente ad un contemporaneo di Al-Kindi.
Si tratta del soprammenzionato Thebit
ibn Qurra, la cui opera si è preservata in latino con il títolo di
De
imaginibus63,
tradotto in Spagna
nella seconda metà del secolo XII da Juan
de Sevilla (Ioannes Hispalensis).
Arnau
de Vilanova apprezzava le tesi di Thebit
tanto che lo cita nel suo testo De
iudiciis astronomie
al fine di stabilire le che la virtù delle immagini
discende dal momento in cui queste vengono realizzate:
“Unde secundum Thebith
ymagines fiunt habentes virtutes lapidum preciosorum mineralium nec
ab aliquo habent virtutem nisi ab aspectu planetarum in tempore quo
artificiuntur. Cum materia illarum sit terrea
quod apte fiunt vel metallea,
id est tunc ex parte materie non potest multam acquirere virtutem,
sed solum ex virtute celesti que fit in tempore factionis eorum. Sic
est de confectionibus quibuslibet a medicis compositis paulo minus
habent virtutem a tempore confectionis, sed in illo comparatur melius
quam ex parte materie ex qua componunt”64.
Thebit
descriveva le condizioni fisiche e astrologiche nelle quali i
talismani planetari (statue)
dovevano
realizzarsi,
tuttavia, non descriveva il cerimoniale liturgico che doveva essere
praticato in ciascun caso65.
Altri
iniziati come i sopraccitati los Ijwan al-Safa (Hermanos de la
pureza) o autori di opere alchemiche come Gabir
ibn Hayyan trasmisero cerimoniali, che furono compendiati in manuali,
come il sopraccitato Gayat
al-Hakim, tradotto nel 1256 come Picatrix66.
Esaminiamo
ora un aspetto pregnante l'ermetismo medievale ovvero l’astrologia
medica o melotesia.
Essa si applica fondamentalmente alla diagnostica, ai pronostici e
alla terapeutica.
Il
medico Arnau utilizzò per finalità mediche le immagini
delle costellazioni
realizzate,
come detto, in particolari momenti astrologici. Le immagini
dovevano
riflettere i raggi provenienti dalle stelle
al fine della terapia medica: la tecnica fondeva cioè le tesi di
A-Kindi con quelle di Thebit
ibn Qurra. Un esempio di tale concezione terapeutica lo troviamo nel
medico contemporaneo Pietro
D'Abano che diceva che l’astrologo doveva informare il medico delle
debolezze organiche di un individuo, e intervenire “con
immagini
per convogliare sulla persona i raggi stellari positivi”67.
Tra
le misure terapeutiche la flebotomia
fu una delle prime pratiche terapeutiche per cui si osservava le
stelle68.
Al momento di scegliere l'ora del salasso si ricorreva agli astri.
Gli autori medievali facevano
due analogie significative: l’una è il parallelismo tra gli umori
del corpo e i líquidi della natura, nei quali si osservava più
chiaramente l’azione degli astri
(esempio sono le maree; l’altro, la relazione tra i mesi lunari
e le mestruazioni). Il calendario presentava diversi condizionamenti
dovuti a diverse cause che davano
diverse indicazioni terapeutiche, per la flebotomia
in particolare. Altro tipo di condizionamenti erano quelli secondo i
quali determinate posizioni della luna
impedivano
la chirurgia:
si interdiceva qualsivoglia intervento chirurgico, inclusa la
flebotomia,
se la luna
occupava il segno che riguardava la parte del corpo da operare, etc..
Altrettanto condizionata dall’astrologia
era la proibizione di fare salassi
o purghe
nei “giorni
del cane” o “Egiziani”, ovvero dei giorni in cui era
considerata pericolosa la flebotomia69
UN ARTEFICE FIGLIO DI QUEL SISTEMA CULTURALE
La
sopraccitata presenza comprovata del medico di Giacomo
II re di Aragona
e di Federico
III re di Trinacria,
Arnau de
Vilanova, in Sicilia,
al fianco di Federico, tra il 1305 e il 1311, seppur con varie
interruzioni, come le numerose
presenze di Federico a Montalbano
e sull’Argimusco,
in sicura compagnia di Arnau, potrebbero essere un elemento
indiziario.
Ma
non sufficiente secondo noi.
Crediamo
sia meglio cercare le prove del delitto a casa dell’indiziato
guardando nella sua corrispondenza (nel computer, si direbbe oggi)
avente riferimento al caso oggetto di indagine. Meglio ancora se il
presunto colpevole dovesse avere scritto alcuni dei più importanti
testi di medicina astrologica e di alchimia (oltre che teologici) del
Medioevo. Curiosiamo tra le carte dell’indiziato Arnau, dunque.
E'
provato che Arnau fosse entrato in contatto con le citate conoscenze
di medicina astrologica e astronomiche70
e come egli spesso citasse Al-Kindi
e Thebit
nelle sue opere71.
In alcuni testi, come il De
Sigillis72
o nell'Antidotarium,
il medico Arnau spiega come realizzare
immagini
delle costellazioni,
zodiacali e non zodiacali, al fine della cura della salute. E' anzi
noto come lo stesso Arnau curasse il Papa,
Bonifacio
VIII, di una grave malattia ai reni tramite l'applicazione di un
sigillo, quello riportante l'immagine del leone73.
Nell'opera Antidotarium,
parla poi di come realizzare
un particolare sigillo non zodiacale74
ritraente la costellazione del Serpentario
al fine di curare gli avvelenamenti causati da morsi di serpente75.
Come
visto nell'introduzione sia il Serpentario
che il Leone
sono megaliti
che troviamo sull'Argimusco.
L’interesse
di Arnau verso l'astrologia
medica76
è anche dimostrato dalla presenza di una serie di libri
sull’astronomia
e l’astrologia
araba nella sua biblioteca77
e da una serie di riferimenti sparsi in tutta la sua opera, medica78.
Egli
lesse i libri direttamente in arabo e alcune di questi egli, come da
indicazione di Alberto
Magno, li considerò negromantici: “Nos
in lingua arabum legisse recolimus totam nigromantie fatuitatis
doctrinam”79.
Nel
contesto del sapere profano come nella medicina,
Arnau valorizza l'influenza astrale come una delle cause naturali
della malattia e della salute. Così, si trovano
all'interno dell'ambiente (AER)
gli effetti delle stelle,
seguiti dalle variazioni climatiche stagionali o l’influenza
astrologica. Arnau segnala come fattori principali connessi all'AER
la Luna e
le sue fasi. Infatti, la Luna
ha un ruolo cruciale nell’astrologia
medica, in particolare nel decidere in quali condizioni più
favorevoli fare il salasso preservativo (quello che viene fatto senza
la pressione di un'emergenza). In tutto il lavoro medico di Arnau si
indica che il salasso è legato all'astrologia.
Le indicazioni teoriche fornite nella Medicationis
Parabole circa il salasso, vengono messe in pratica per un singolo
paziente nella “Regimen
podagre”, che descrive il salasso preservativo. Tra le altre
condizioni indica, come visto, che esso si debba praticare dal giorno
18 al 24 del mese Lunare80
e deve essere evitato
con la Luna
in Gemelli81.
Oltre
al salasso, altro settore in cui molto spesso si considera la
posizione astrologica è la raccolta di materiali al fine della
somministrazione di farmaci, non solo vegetali, ma anche animali o
minerali82.
Nel
De
Sigillis
Arnau esprime, ancora, la convinzione che i sigilli
astrali di Ariete
e Bilancia
possano proteggere dall'azione e dalle "insidie"
dei demoni83.
Arnau non solo parla dei sigilli
astrologici nei suoi scritti, ma esistono prove documentali che se
ne sia servito nella sua pratica professionale. Il primo e più
famoso caso, prima citato, è legato alla prima visita di Arnau alla
corte papale,
come testimonia una lettera dell'ambasciatore Guerau Albalat a
Giacomo
II84.
Tra le misure terapeutiche prescritte dal medico catalano si cita un
sigillo d'oro con inciso un segno del Leone,
posto sul rene con una cintura, per come descritto da Giovanni
Blasi, Guiu di Chaulhac e da Pietro di Abano85.
E' nota la reazione
scandalizzata che causò un rimedio così insolito nella curia
papale.
L'uso di immagini
astrologiche nella guarigione del Papa
non era affatto un caso isolato, come dimostra l'esistenza di copie
dello stesso stampo del Leone,
sei d'oro e ottone, tra le pertinenze di Arnau trovate a Valencia
e Barcellona
dopo la sua morte86.
Nello Speculum
medicine Arnau attribuisce la trasmissione del sigillo alla
tradizione ermetica87.
Anche in Aphorismi
stravaganti egli consiglia di applicare un timbro astrologico
indeterminato sui piedi per curare la gotta88.
I riferimenti di Arnau e altri autori che hanno usato l'immagine del
Leone per
combattere il male dei reni, sono nei testi astrologici relativi ai
sigilli nel
De
Sigillis89,
nel De De duodecim Hermetis imaginibus90
e nel Documentum contra lapidem. Weill-Parot e Danielle Jacquart
hanno proposto che potrebbe trattarsi dell'influenza dell' alchimia
per il possibile legame tra calcoli renali e la Pietra
Filosofale (per come indicato successivamente da Paracelso),
e tra l'oro e il sole91.
I
megaliti/statue
dell’Argimusco potrebbero non essere altro che sigilli
medici speculari “in stile harrariano” (ovvero statue)
alle costellazioni,
uguali, ancorchè molto più grandi, ai sigilli
rappresentanti le stesse.
PAUL DEVINS & ALESSANDRO MUSCO
1
Bartolomeo da Neocastro, Historia sicula, ed. R. Gregorio,
Bibliotheca
scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere,
I, Palermo 1791, cap. 50, p. 75.
2
G. Tropea
“Argimusco e via Francigena in Sicilia: Contrada Argimusco, valico
dei Nebrodi" sul sito internet www.medioevosicilia.eu. Uno dei
contributi più interessanti dati dal Tropea è quello sul passaggio
della Via Francigena dall'Argimusco. In tal senso il luogo è
servito come luogo di sosta e per la fornitura d'acqua (il sito
veniva indicato nel 1600 come fonti di Lagrimusco)
3
E' nota grazie a Leonardo
Sciascia la storia di Ramon
Muntaner che nel 1309 e nel 1312, nel mese di luglio, rese visita al
Re Federico III a Montalbano. Di seguito riportiamo un passaggio su
Montalbano: “...E
axi partent de Maho fuy en Sicilia, e pres terra a Trapena, e a
Trapena yo pose ma muller, e ab la galea anemen a Masina e trobe,
quel senyor rey era a Montalba en un lloch que ell esta volenters
destiu, e aço era en iuliol; e yo ane lla e done los dos falcons al
senyor rey, quel senyor infant en Ferrando li trametia,...”
Cap. CCLV. Crònica de Ramon Muntaner - Versione italiana di Filippo
Moïsè. Firenze 1844. Riedita a Palermo 1984, con introduzione di
L. Sciascia. Federico III conosceva bene Ramon, ne apprezzava le
qualità e l’esperienza approfondita del mondo arabo in merito a
usi e comportamenti, e perché era in grado di «parlar sarraïnesc».
Per questo, ricevutolo nel luglio 1309 a Montalbano, dove passava
l’estate, gli chiese di rinunciare al progetto di rientrare in
patria per prendere in moglie una giovane che lo aspettava ormai da
dieci anni. Lo incaricò, invece, di recarsi in Africa per
ristabilire una situazione pacifica nelle isole tunisine di
Kerkennah e di Djerba; di questa, subito dopo sarebbe diventato
governatore.
4
Acta
Sicula-Aragonensia II:
Documenti sulla luogotenenza di Federico d’Aragona (a cura di F.
Giunta A. Giuffrida), Palermo, 1972, 06 (1) 102. Il documento
attesta la presenza del Re Federico III d'Aragona sull'Argimusco il
16 luglio 1308. Federico III risponde a Giacomo II che gli propone
una tregua con Roberto duca di Calabria. Dunque, dall'Argimusco il
re inviava un importantissimo documento diplomatico internazionale.
Simili documenti partivano in nave e con grandi misure di sicurezza,
accompagnati da forze armate a difesa della corrispondenza. Il fatto
che tale documento non sia partito dalle grandi sedi regie di
Palermo, Catania o Messina bensì dall'Argimusco fa pensare che, con
tutta evidenza, Federico ivi risiedeva in quell'estate del 1308 il
re in compagnia del suo medico Arnau de Vilanova. E' noto che nel
1305, infatti, Arnau scappato dalle cure dell'Inquisizione a Perugia
arriva in Sicilia, ospite di Federico III, fratello di Giacomo II,
per cui aveva già lavorato come medico.
5
Marrone
A. “Repertorio degli atti della Cancelleria del Regno di Sicilia
dal 1282 al 1377”, da Montalbano tra l'agosto 1311 e il settembre
1311 vengono inviate cinque lettere regie: con la prima Federico III
scrive “De ordinandis certis assisis in Siracusa”, con la
seconda Federico III scrive a Giacomo II sull’intitolazione da
portare, con la terza Federico III scrive sull’elezione dei
giurati di Palermo, con la quarta Federico III raccomanda a Giacomo
II Arnaldo de Burdils, con l'ultima Federico III prega Bernardo
de Aversene, notaio del re d’Aragona, di avere a cuore gli
interessi del re di Sicilia
7
“La corte itinerante di Sicilia negli anni 1282-1377” di
Antonino Marrone, in Schede Medievali n. 49, Officina degli Studi
Medevali, pag. 160
8
Il 20 agosto 1310 mandava una lettera da Messina, l'1 ottobre 1310
da Randazzo
9
Potthast
(a cura di) Regesta
pontificarum romanorum,
Berlin, 1874-1875, vol II, pp. 1769-1770: “Martino IV condannò i
Siciliani paragonandoli alla folla che aveva ucciso Cristo”
10
Backman C.ibidem, a cura di A.Musco, pag. 180 e ss.
11
Backman C. ibidem, a cura di A.Musco, 2007, pag. 211
12
Santi
F., Arnau de Vilanova, 109; R. Manselli, Spirituali e Beghini in
Provenza (Rome, 1959), 55-80, e ‘La religiosità d’Arnaldo da
Villanova’, Bollettino dell’Istituto Storico Italiano per il
Medio Evo e Archivio Muratoriano, 63 (1951), 1-100, 23-42, C.
R. Backman, ‘The
Reception of Arnau de Vilanova’s Religious Ideas’,
in S. L. Waugh e P. D. Diehl (ed.), Christendom
and its Discontents: Exclusion, Persecution and Rebellion, 1000-1500
(Cambridge, 1996), 112–31 at 115–18. I libri di Arnaldo sui
beghini furono Confessió
de Barcelona
(1305), il Raonament
d’Avinyó (c.1310),
Informatio beguinorum seu lectio narbone scritto tra il 1302 e il
1311. C. R. Backman,
‘Arnau de Vilanova and the Franciscan Spirituals in Sicily’,
Franciscan Studies,
50 (1990), 7–15, tratta delle simpatie di Arnaldo per gli
spirituali
13
Le lettere di protesta di Arnau al re di Francia sono riportate in
M.
Menéndez y Pelayo, Historia
de los heterodoxos españoles,
iii (Buenos Aires, 1951), pp. lxxviii–lxxxiii,
14
“Matthaeus
Silvagius de tribus Peregrinis tradit Montem Albanum, Siciliae
oppidum, patria, Arnaldi philosophi & Medici peritissimi
extitiffe: in eodem oppido eius corpus sepulcrum conditum addit.
Ibiden sepultum prodit Fazellus“
in Antonino
Mongitore Biblioteca
sicula, sive De scriptoribus siculis,
1707-1714 (2 Vol.) e ancora “Federico III d'Aragona risiedeva
spesso a Montalbano e non era raro che con lui ci fosse quello che
era allo stesso tempo il suo medico personale e il suo precettore:
Arnaldo da Villanova” in Appunti per una storia delle presenze dei
Spirituali a Messina di Antonella Doninelli, pag., 127 -
Francescanesimo e cultura nella provincia di messina: atti del
convegno di studio: Messina a cura di Carolina Miceli e Agostina
Passantino. Palermo biblioteca francescana – Officina di studi
medievali 2009
15
“Arnaldi
vita a domino symphoriano campegio aurato equite, ac favergie
domino, serenissime calabrum et lothoringorum ducis archiatro,
edita”,
texte de Champier, in Calvet, Les
oeuvres alchimiques attribuées à Arnaud de Villeneuve”
di Antoine Calvet, S.E.H.A. ARCHE', prefazione di Sebastià Giralt,
2011, pag. 702
16
Cfr. M. Menéndez y Pelayo, Historia
de los heterodoxos españoles,
(nueva edicion) II Santander 1947, p.277
18
Backman C. ibidem, a cura di A.Musco, 2007, pag. 57, e ancora si
veda Guadalajara J. “La
venida del Anticristo: terror y moralidad en la Edad Media
Hispánica”.
Culturas Populares. Revista Electrónica 4 (2007). In un documento
dell'archivio parrochiale di Mojà si riferisce che nell'agosto del
1310 (Arnau era a Montalbano) un predicatore di Palma di Majorca
fece un sermone che citava le apocalittiche profezie di Arnau de
Vilanova. Tale predica spaventò così tanto la gente di Palma che
tutti vollero di colpo confessarsi e bruciare su un falò delle
vanità tutti i beni terreni. Il re di Majorca appresa la notizia
chiese al vescovo di Majorca di confortare la gente e ordinò che il
predicatore venisse imprigionato, vedi A
Kingdom of Stargazers: Astrology and Authority in the late Medieval
Crown of Aragon di
Michael E. Ryan 2011 pag.60.
19
Arnau de Vilanova, Expositio
super Apocalypsi,
ed. J. Carreras i Artau (Barcelona, 1971) la cui paternità ad
Arnaldo è contestata da Perarnau, in ‘Problemes
i criteris’,
48–70; Arnau de Vilanova,Tractatus
de tempore adventus Antichristi,
commentato in J. Perarnau, ‘El
text primitiu del De mysterio cymbalorum ecclesiae d’Arnau de
Vilanova’,
ATCA, 7/ 8 (1988/ 9), 134–69;
20
Il Secretum
Secretorum,
un'opera di origine araba destinata ad un enorme successo presso le
élites dell'Occidente medievale del XIII sec., pone al centro della
sua riflessione il corpo del sovrano, incarnazione e metafora
vivente del «corpo» della collettività. La migliore edizione del
Secretum Secretorum latino è contenuta in Opera hactenus inedita
Rogerii Baconi , fascicolo V, Oxford 1920, a cura di R.
Steele. Si veda “Corpo del sovrano e "corpo" della
collettività: la medicina e l'alchimia del XIII secolo strumenti
reali e metaforici per una legittimazione del potere fondata sulla
"natura" di M.G.Vinci.
21
Checchè ne dica il Todaro che contesta con parole improprie e
argomenti false la presenza di Arnau a Napoli, cfr. Centonove, 16
marzo 2012, pag. 38-39. Torneremo sul tema più oltre.
22
Cfr. Bruni
La Cultura e la prosa volgare, in Storia della Sicilia, IV, p. 267,
n.83 e Francesco Costa Eleonora d'Angiò (1289-1343). Regina
francescana di Sicilia in “I Francescani e la politica: atti del
convegno internazionale di studio 2002” a cura di A. Musco -
Franciscana 13/1, p. 201
23
Il 5 aprile del 1285 Arnau de Vilanova aveva già ottenuto dal Re
Pietro I la concessione di una parte del castello di Otter, e poco
tempo dopo conseguì un assegno di duemila soldi barcellonesi , e
fu testimone nelle false donazioni del morente Re Pietro, inventate
dai prelati (Carini cit., voi. II, pag. 110, 119 e 206). Nel 1285,
29 maggio, dal Colle de Panissars Pietro I decreta che curerà la
protezione dei beni di Raimondo Alamanni e di Arnaldo di Villanova,
e di rimunerarli nel cap. LXXVIII del testo Documenti per servire
alla storia di Sicilia pubblicati a cura della società siciliana
per la storia patria serie i. — volume xxiii Giuseppe la Mantia
Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia (1282-1355)
24
Il campanile della Chiesa di Santa Caterina riporta l'iscrizione del
1344. Per le fattezze e stile architettonico è certamente da fare
risalire la costruzione però al 1310 anno di costruzione della
gemella chiesa di Spirito Santo.
25
La Camera Reginale venne istituita da Federico III il 28 agosto 1305
quale appannaggio e patrimonio dotale dono del re ad Eleonora per la
nascita del futuro re Pietro II. Inizialmente la Camera era dotata
del solo Castello e terra di Avola, poi si espanse (1314) con
Siracusa, Lentini, Mineo, Vizzini, Paternò, Castiglione,
Francavilla e con i casali della Val di Stefano di Briga.
26
Vedi Kiesewetter, Eleonora d'Angiò, in DBI XLII, p.396b-7a e
Francesco Costa Eleonora d'Angiò (1289-1343). Regina francescana di
Sicilia in “I Francescani e la politica: atti del convegno
internazionale di studio 2002” a cura di A. Musco - Franciscana
13/1, p. 205
27
Sui templari Arnaudice nel Expositio
super Apocalypsi, «ECCLESIA LAODICIE respicit primo et
principaliter septimum et ultimum tempus Ecclesiae militantis, quod
post mortem Antichristi curret usque ad finem mundi. Secundario
respicit statum regularem Christo militantem, ram corporaliter quam
spiritualiter, ut est status Hospitalariorum et Templariorum et
Uclesii et Calatravae et similium...»
. Il testo ricorda quello di Raimondo Lullo che dedica il Liber de
fine, 270-271, linee 653-659, agli ordini militari, sui quali
certamente contava, in forma inequivoca, per i suoi progetti di
conversione degli infedeli e per il recupero della Terra Santa. In
una lettera a Giacomo II Arnauconsidera i cavalieri templari come
uno dei segni positivi del settimo tempo della Chiesa che seguirà
la morte dell'Anticristo (Ad
Jacobum Il de Templariis).
Cfr. J. Perarnau, ‘Problemes
i criteris d’autenticitat d’obres espirituals atribuïdes a
Arnau de Vilanova’,
in ATIEAV, i. 29–31
28
Vedi Renè
Guenon, op.cit. “Simboli della scienza sacra”, par. 72, e ancora
P.Negri, op. cit. “Il linguaggio segreto dei Fedeli d'Amore”, UR
1928, pag. 76
29
P.Negri Il linguaggio segreto dei Fedeli d'Amore, UR 1928, pag. 76
30
“Uno dei simboli comuni al cristianesimo e alla massoneria è il
triangolo nel quale è inscritto il Tetragramma ebraico [Nella
massoneria, questo triangolo è spesso designato con il nome di
delta, perché la lettera greca così chiamata ha effettivamente una
forma triangolare; ma non pensiamo che si debba vedere in questo
accostamento una qualsivoglia indicazione circa le origini del
simbolismo in questione; è evidente d'altronde che il significato
di quest'ultimo è essenzialmente ternario, mentre il delta greco,
malgrado la sua forma, corrisponde a 4 nell'ordine alfabetico e per
valore numerico], o qualche volta semplicemente uno “iod”, prima
lettera del Tetragramma, che in questo caso può esserne considerato
un'abbreviazione [In ebraico, il tetragramma è talvolta
rappresentato in forma abbreviata anche da tre “iod”, che hanno
una palese relazione con il triangolo stesso; quando sono disposti a
triangolo, essi corrispondono chiaramente ai tre punti del
“compagnonnage” e della massoneria], e che d'altronde, in virtù
del suo significato principiale [Lo “iod” è considerato
l'elemento primo a partire dal quale sono formate tutte le lettere
del- l'alfabeto ebraico], è esso stesso un nome divino, anzi il
primo di tutti secondo certe tradizioni [Si veda in proposito «La
Grande Triade», cap. XXV]. Talvolta lo “iod” stesso è
sostituito da un occhio, che viene generalmente designato come
l'«Occhio che vede tutto» (The
All-Seeing Eye);
la somiglianza di forma fra lo “iod” e l'occhio può
effettivamente prestarsi a un'assimilazione, che del resto ha
numerosi significati sui quali, senza pretendere di svilupparli qui
interamente, può essere interessante fornire almeno alcune
indicazioni.” (Tratto da Renè Guenon, Simboli della scienza
sacra, 72, Symboles
fondamentaux de la Science sacrée
Traduzione di Francesco Zambon seconda edizione: aprile 1978 1962
editions Gallimard – Paris 1975 Adelphi edizioni s.p.a. –
Milano)
31"Allocutio
super significatione nominis "Thetragrammaton,
vedi J. Carreras i Artau, ‘La Allocutio super Tetragrammaton de
Arnaldo de Vilanova’, Sefarad, 9 (1949), 75–105
32
Vedi il testo “Francesco d'Assisi” di Jacques Le Goff su una
lettura critica del vero Francesco, Laterza 2000
33Cfr.
J. Perarnau, ‘Problemes
i criteris d’autenticitat d’obres espirituals atribuïdes a
Arnau de Vilanova’,
in ATIEAV, i. 29–31
34
Si
veda l'articolo “Insediamenti e architettura fortificata nella
Sicilia di Federico III d’Aragona il Grande - Un quarantennio di
formidabile attività costruttiva”, Ferdinando Maurici, in
Schede Medievali n. 49, Officina degli Studi Medievali, pag. 237
35
“La
prima menzione di un castrum Montisalbani («Presbiter Thomas
cappelanus Ecclesie Sancti Nicolai de castro Montisalbani») in
effetti risale ai ruoli delle decime del 1308-1310,70 e dovrebbe
potersi escludere che il termine castrum indichi qui non il
castello-palazzo ma ancora l’intero centro abitato fortificato di
Montalbano, ben documentato già da età normanna”, e
ancora “Non
mi pare in definitiva che sussistano ragioni valide per togliere a
Federico III il merito e l’onore, già attribuitigli da Fazello,
di avere costruito il castrum Montisalbani, eventualmente
approfittando di possibili preesistenze in loco”
in “Insediamenti
e architettura fortificata nella Sicilia di Federico III d’Aragona
il Grande dell'ottimo Ferdinando Maurici, in Schede Medievali n. 49,
Officina degli Studi Medievali, pag. 212
36
La Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria riporta sul campanile
la data del 1344. Dallo stile architettonico si deve però fare
risalire la data di costruzione al 1310, anno di costruzione della
Chiesa gemella dello Spirito Santo. Nel 1310, come abbiamo visto, è
provata la presenza del Re Federico III in Montalbano. Non è un
caso, dunque, che accanto al castello in cui, come vedremo dopo,
Fazello dice venne sepolto Arnau(oggi è visibile ancora il presunto
sarcofago) insista una chiesa dedicata alla santa patrona, proprio,
degli alchimisti. Nè un caso che tale chiesa sia stata costruita
proprio nel periodo in cui quell’alchimista sarebbe ivi vissuto.
37
Renè Guenon, op.cit. “Simboli della scienza sacra”, par. 43
sulla pietra angolare
38
Vedi Pietro
Negri Il linguaggio segreto dei Fedeli d'Amore, UR 1928, pag. 70 e
ss. Nel saggio si veda inoltre l'importanza data dai Fedeli d'Amore
o Cavalieri del Delta templare al numero 9 (9 come multiplo del 3,
delta). Non è un caso, secondo noi, che, per come segnalatoci
dall'ottimo Piero Tolomeo, nella chiesa caratterizzata da un portale
adornato solo da una rosa, sottostanti vi siano 9 scalini e nel
campanile la scritta 1310 (1+3= 4, 4+1=5 , 4+5=9) tipico gioco
matematico rosacroce. Lo stesso Tolomeo è stato, con felice
intuizione basata sui simboli, il primo a proporre una datazione
medievale al sito di Argimusco, cfr. La Scoperta dell'Argimusco di
Paul Devins, 2011, pag. 15.
39Vedi
Paul
Sedir “Il Mistero dei Rosacroce”, 2010, pag. 29, che cita il
testo di Gottfried
Arnold “Unpartheysche
Kirchen und Ketzerhistorien vom Anfang des neuen Testament bis auf
das Jahr Christi”,
1688
40
Grazie a Ferdinando Maurici sappiamo che vicino all'Argimusco
insistono i resti di un castello chiamato per tradizione
Castellazzo, sito proprio nel sito omonimo nella località chiamata
Polverello, che si trova a poche centinaia di metri dall'Argimusco
sul crinale spartiacque della catena dei Peloritani da dove si
dominano sia il mare Tirreno e le Isole eolie quanto tutta la zona
etnea e sud peloritana. Il castello venne iniziato certamente
durante i primi anni di regno di Federico III d'Aragona. Le prime
strutture del fortilizio vennero abbandonate non finite
probabilmente a causa del clima inclemente e dei forti venti della
zona. Federico III sicuramente optò per il completamento
dell'esistente mastio svevo realizzato durante il regno Federico II
di Svevia all'epoca, forse, della deportazione degli abitanti di
Montalbano (1233). Dal castello di Montalbano, meno battuto dai
venti, si poteva meglio controllare il movimento del traffico navale
e delle navi angioine dal continente. Pochi anni dopo la pace di
Caltabellotta, del 1302, riprese infatti una guerra di logoramento
tra la flotta angioina e quella siciliana. Sul castello di
Montalbano vedi Ferdinando Maurici “Itinerari federiciani in
Sicilia”, Kalòs 2009, pag. 52 e ancora Medieval
Castles in Sicily, Sicilian Region Regional centre for the
inventory, cataloguing and documentation for the cultural and
environmetal heritage,
2006, pag. 250/251. Il Tropea, op.cit., ha recentemente approfondito
il tema del passaggio dall'Argimusco della Via Francigena e del
collegamento con alcuni monasteri viciniori usati come luogo di
sosta per i pellegrini.
41
vedi The
Elixir and the Stone: The Tradition of Magic and Alchemy
di M.Baigent e R.Leigh 1997, pag. 34 e ss e Le origini esoteriche
della massoneria di T.Churton, 2005, pag. 46 e ss. pensano che i
sabei siano stati gli ultimi esponenti di circoli legati al
neoplatonismo e neopitagorismo nelle zone di Harran ma su di loro
non esiste alcun preciso testo di riferimento e ogni ipotesi manca
quindi di qualsiasi riscontro oggettivo. Non è chiaro chi fossero
(il riferimento al Regno di Saba sembra agli esperti quella che
viene definita "facile etimologia"). Di essi comunque
parla il Corano (Sura 2, vv. 62 e Sura 5, vv. 69), includendo i
Sabei fra la "Gente del Libro" (
Ahl al-Kitāb
): ebrei, cristiano o zoroastriani meritevoli di protezione in caso
di affermazione politica dell'islam.
42
La melotesia zodiacale è la corrispondenza dei segni dello zodiaco
con le parti del corpo umano ed è universalmente ammessa
nell’astrologia greca, indiana, araba e latina e trae la sua
origine nell’antica e diffusa analogia tra il mondo e l’uomo. Lo
zodiaco è detto “creatura animata” da Tolomeo e nella
Brhajjâtaka di Varâhamihira i dodici segni dello zodiaco
rappresentano le membra di Purusa, l’uomo cosmico o anima
dell’universo. Questa analogia forma, negli scritti astrologici,
una serie che prende inizio dall’Ariete, in quanto capo o
culminazione del mondo, fino ai Pesci. All’Ariete è pertanto
assegnato il capo, al Toro il collo e così via fino ai Pesci, ove
sono posti i piedi. La melotesia zodiacale si fonda quindi sulla
corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, tema molto antico della
filosofia greca, riportato in auge dall’ermetismo alessandrino.
Vedi Giuseppe Bezza in Arcana Mundi, antologia del pensiero
astrologico antico, Milano 1995.
43
Vedi L'astronomia
i l'astrologia en catala a finals de l'Etat Mitjana
di Lluìs
Cifuentes i Comamala in A. Amengual, G.X.
Pons, J.
March, Eds, Conferencies de de les Jornades de Commemoraciò i
estudi de l'eclipsi total de Sol a la Mallorca de 1905
Mon.Coc.Hist.Nat. Balears, 13, pag. 189, Medicina e Filosofia nella
tradizione dell’Occidente, a cura di G.
Cosmacini e C.
Crisciani, Milano, Episteme Editrice, 1998, Actes de la I Trobada
Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, a cura di J.
Perarnau, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 1995, Actes de
la II Trobada Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, a
cura di J. Perarnau, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 2005
44
Secondo il Picatrix sarebbe stato Ermete ad insegnare a come
utilizzare i sigilli corrispondenti alle costellazioni per la cura
del corpo umano. E' probabile che Arnau (Filius
Hermetis,
per come si definiva) fosse consapevole della derivazione ermetica
delle conoscenze di melotesia, come anche del Picatrix, attesa la
recente versione latina fatta fare dal re Alfonso X di Castiglia.
“Hermes
autem Trismegistus dixit in libro de ymaginibus ad calculum ubi
posuit ymagines omnes et singulas appropriatas cuilibet membro
corporis humani et sub signorum faciebus constructas: recipe aurum
purum et fac sigillum, in quo scribas figuram Leonis, Sole existente
in Leone in prima facie uel secunda et in angulo orientis uel
meridie, et Luna non existente in eius domo, et domino ascendentis
non aspiciente Saturnum uel Martem aut recedente ab eo. Et hoc
sigillum ligetur in lumbari uel circa renes. Ego feci sigillari
trociscos de sanguine hirci secundam doctrinam istam factos, et
operabantur miraculose. Hoc idem fit in aliis passionibus membrorum
secundum modum et formam et ad equacionem planetarum”,
in la Rivelazione segreta di Ermete Trismegisto”, II Vol, a cura
di Paolo
Scarpi, 2011, pag. 17
45
Mc Vaugh M.Medical
Knowledge at the Time of Frederick II,
“Micrologus”, 2, 1994, pp. 3-17, Mc Vaugh M.Introduzione a Arnau
de Vilanova, Aphorismi de Gradibus, in Aranu de Vilanova Opera
Medica Omnia, II, Grenada-Barcelona, Pubblicazioni e edizioni della
Universitat de Barcelona, 1975. Vedi ancora, Ziegler
J., Medicine and Religion c. 1300. The Case of Arnau de Vilanova,
Oxford, Clarendon Press, 1998 e Medicine and Immortality in
Terrestrial Paradise, in ed. by P. Biller and J. Ziegler, York, York
Medieval Press, 2001, pp. 201-242
46
“Imágenes
mágicas. La obra astromágica de Alfonso X y su fortuna en la
Europa bajomedieval”
di García
Avilés A. e dello stesso autore Imagen
y Ritual: Alfonso X y la creación de imágenes en la Edad Media
in Anales de Historia del Arte 11 2010, Volumen Extraordinario
11-29. Si veda ancora dello stesso autore “Two
astrological manuscripts of Alfonso X”
in journal of the Warburg and Courtauld Institutes volume 59, 1956.
Si veda ancora “La
pervivencia de la astrologia Islamica en el arte cortesano europeo
de los siglos xiii al xvi”
di Dominiguez-Rodriguez
A. in XXV Congreso Internacional de Historia del Arte, Viena, 1983.
47
L'astronomia
i l'astrologia en catala a finals de l'Etat Mitjana
di Lluìs Cifuentes i Comamala in A. Amengual, G.X. Pons, J. March,
Eds, Conferencies de de les Jornades de Commemoraciò i estudi de
l'eclipsi total de Sol a la Mallorca de 1905 Mon.Coc.Hist.Nat.
Balears, 13, pag. 189
48
Sul rapporto di alcuni regnanti della Corona Aragonese con
l'astrologia vedi tra gli altri cfr. A
Kingdom of Stargazers: Astrology and Authority in the late Medieval
Crown of Aragon di
Michael E. Ryan 2011
49
Llull, R. 2002 Comencamnts
de Medicina; Tractat d'Astronomia,
ed. a cura de Badia,
L. Patronat Ramon Llull (Nova edicio de les Obres de Ramon Llull,
5), Palma
50
Sulla fortuna della scienza astrologica nel medioevo e in epoca
classica vedi:Auguste
Bouchè-Leclercq(1899), L’astrologie
grecque,
París (reimpressió: Scientia Verlag, Aalen 1979), esp. pp. 72-87;
Tamsyn
Barton (1994), Ancient
Astrology,
Londres, Routledge; Festugiere (1950), La
révélation d’Hermès Trismégiste...,
pp. 87-186; Tester
(1987), A History
of Western Astrology;
John
D. North (1986), “Celestial
influence – the major premiss of astrology”,
P.
Zambelli (ed.), ‘Astrologi
hallucinati’. Stars and the end of the world in Luther’s time,
Berlín - Nova York, Walter de Gruyter, pp. 45-100; Maxime
Prèaud (1984), Les
astrologues à la fin du Moyen Âge, París,
J.C.
Lattès; Federici Vescovini(1983), “L’astrologia tra la magia,
religione e scienza”; Stefano
Caroti (1994), “L’astrologia nell’età dei Federico II”,
Micrologus, 2, pp. 57-73; A.
Pérez Jiménez, Astronomía
y astrología de los orígenes al Renacimiento,
Madrid, Ediciones clásicas: José
Luis Calvo Martìnez (1994), “La
astrología como elemento del sincretismo religioso del helenismo
tardío”,
pp. 143-160; José Martìnez Gazquez (1994), “Astronomía
y astrología en Roma”,
pp. 59-160, Joan
Vernet (1994), “La
astrología árabe”,
pp. 161-178.
51
Thorndike,
L, 1923-1958 A
history of magic and experimental science,
8 vols, Columbia University Press Macmillan, New York London
52
Weill-Parot
N. 2002 “Les
images astrologiques au moyen age et a la Renaissance: speculations
intellectuelles et pratiques magiques (XVIIe-XVe siecle),
Honorè Champion, Paris
53
Giamblico
nel De
mysteris Aegyptorum”
VIII 6, così spiega, secondo i canoni ermetici, l'influenza delle
stelle sull'uomo: “Tu ora dici la maggior parte degli egiziani fa
dipendere il nostro io dal movimento degli astri. Come stiano le
cose devo spiegartelo con maggiore ampiezza, facendo ricorso alle
concezioni ermetiche. Secondo questo scritti l'uomo ha due anime.
L'una discende dal Primo Intellegibile e partecipa pure della
potenza del demiurgo. L'altra in noi introdotta a partire dalla
rivoluzione dei corpi celesti è quella in cui si insinua l'anima
che ha la facoltà di vedere dio. Stando così le cose l'anima che
dai mondi celesti discende in noi segue le orbite di quei mondi,
mentre quella che è discesa dall'intellegibile e che in noi è
presente nelle forme proprie dell'intellegibile, sovrasta il ciclo
delle nascite ed è in conformità con lei che avviene la
liberazione dal destino e l'ascensione agli dei intellegibili: la
teurgia, quella che porta all'ingenerato, questa si realizza
compiutamente secondo una vita di questo genere” (vedi la
Rivelazione segreta di Ermete Trismegisto”, II Vol, a cura di
Paolo
Scarpi, 2011, pag. 17).
54
Al-Kindi,
De Radiis,
eds. M.-T.
d’Alverny and F.
Hudry, Archives d’histoire doctrinale et litteraire du moyen age
41 (1974), pp. 139-260
55
“History
of magic and experimental science”
part 2 di Thorndike L. pag. 646: “The
treatise concludes by discussing the virtues of figures, character,
images and sacrifices in much the same way as it has treated of the
power fo words. “The sages have proved by frequent experiments
that figures and characters inscribed by the hand of man on various
materials with intention and due solemnity of place and time and
other circumstances have the effect of motion upon externale
objects” (Al-Kindi De Radiis Stellicis”) . Every such figure
emits rays having the peculiar virtue which has been impressed upon
it by the stars and signs. There are characters which can be
employed to cure disease or to induce it in men or animals. Images
constructed in conformity with the constellations emits rays having
something of the virtue of the celestial harmony”.
56
“Imágenes
mágicas. La obra astromágica de Alfonso X y su fortuna en la
Europa bajomedieval”
di García Avilés A., pag. 13.
57
Nel Picatrix leggiamo del movimento delle stelle fisse “because
from these celestial figures and heavenly forms are composed; and
how their rays project into the moving planets; and how to know
heavenly figures when they intend to make that which they want”
whereas the practice of necromancy entailed “the composition of
three natures with the virtue of the infusion of the fixed stars;
and what the sages call virtue, they do not know of what kind it
might be nor how the aforesaid virtue might be attached”
Picatrix the latin version of the Ghayat al-Hakim, ed David Pingree
London Warburg Institute 1986, 5. Come si nota le stesse
osservazioni di Al-Kindi sui raggi delle stelle sono presenti anche
nel Picatrix.
58La
visione avviene attraverso "raggi" che dall'occhio
raggiungono "in linea retta" un oggetto illuminato e
vengono riflessi indietro. La dicotomia di contatto e distanza è
presente nelle opere di ottica di Al-Kindī così come nelle sue
opere astrologiche: vedi P.
Adamson, Al-Kindi, in P.
Adamson & R.
Taylor, The Cambridge Companion to Arabic Philosophy, Cambridge,
Cambridge University Press, 2005, p. 33
59“Omnis
stella aliter et aliter operatur in locis et rebus diversis (…)
tota stellarum operatio per radios procedit qui in se ipsis, in omni
aspectu vario, variantur (…) omnis autem stella suam habet
proprietatem, naturam et conditionem in qua radiorum proiectio cum
aliis continetur. (…) Et omne coloratum radios emittit. (…)
Manifestum est quod res huius mundi, sive sit substantia sive sit
accidens, radios facit suo modo ad instar siderum”
(tratto da Al Kindi De radiis, a cura di M.T.
D'Alverny, F.Hundry
“Archives d'histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age”,
1975, 41, pp. 139-260)
60Le
origini esoteriche della massoneria di T.Churton, 2005, pag. 49 e
ss.
61Al
Kindi De radiis, a cura di M.T. D'Alverny, F.Hundry “Archives
d'histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age”,
1975, 41, pp. 235-6
62
Nel Picatrix, libro II, capitolo X parte terza, vi sono istruzioni
per scolpire queste e altre immagini, alcune con immagini magiche,
su pietre diverse, con informazioni sui loro effetti.
63
Thebit, De
imaginibus
(Latin trans. John of Seville) ed. F.
Carmody, The Astronomical Works of Thebit b. Qurra (Berkeley/Los
Angeles, 1960), pp. 167-197
65
“...Mais
les sceaux astrologiques comme les statuettes de Thebit entrent tous
les deux dans la catégorie des images astrologiques’ si leur
fabrication est dépourvue d’éléments destinatifs...”,
cfr. Nicolas Weill-Parot in Arnaud de Villeneuve et les relations
possibles entre le sceau du lion et l’alchimie, pag. 270. Ove
mancassero suffumigazioni ed invocazioni di entità astrali
statuette e sigilli sarebbero solo immagini astrologiche, dunque.
Nel caso della distinzione fatta da Alberto Magno tra i tre Hermes
(Tolomeo-Salamone e Thebit) Giralt osserva che l'Ermete Thebit non
usava suffumigazioni, invocazioni o esorcismi né caratteri
inscritti. L'immagine doveva essere scolpita nel momento più
proprizio dal punto di vista astronomico, secondo il modello del De
Imaginibus di Thebit ibn Qurra al fine di scacciare animali nocivi o
di ottenere fortuna, ricchezza, potere o amore. Gli effetti della
statua sabea provenivano dalla virtù celeste delle costellazioni
sotto le quali la statua era stata fabbricata. Come si vede
l'approccio tipologico alla Hermes Thebit non prevedeva le
suffumigazioni o invocazioni tanto paventate dall'ortodossia al fine
di evitare il magico. Prova ne sia che Alberto Magno nello Speculum
Medicine non mette il De Imaginibus di Thebit tra i libri non
negromantici da rigettare (S. Giralt Decus Arnaldi, Etudis entorn
dels ecrits de medicina practica, l'ocultisme i la previvenzia del
corpus atribuit a Arnau de Vilanova, pag. 405)
66
Si veda Kahane
H., Kahane R., and Pietrangeli
A., “Picatrix
and the Talismans,”
Romance Philology 19 (1966): 574–93; Ritter
and Plessner, “Picatrix,” pp. xx–lxxv (Introduction and
Summary); Pingree, Picatrix, pp. xv–xvi. Picatrix Latinus, ed. D.
Pingree (London: The Warburg Institute, 1986)
67
Pietro
D'Abano “Conciliator
differentiarum philosophorum et medicorum”,
(164ra-b) citato da Giovanna Ferrari nel suo studio “Il trattato
De Humido Radicali di Arnaldo da Villanova”, pag. 47
68
Sull'applicazione dell'astrologia ai salassi medievali Gil-Sotres
al De consideracionibus, AVOMO, IV, pp. 85-91. AVOMO è l'edizione
critica dei testi medici di Arnaldo. La publicazione, iniziata nel
1975, contiunua e i suoi editori sono L.
García-Ballester, M.
R. McVaugh and J. A. Paniagua.
70
Si vedano i testi di Arnau“Astrologia
del maestro Arnaldi Villanova pro utilitate medicina sive medicina
compilata”,
De iudiciis astronomie, De astronomia e Capitula astrologie.
71
Vernet
J.” The scientific world of the crown of Aragon under James I”:
“Al-Kindi
ideas were compiled and taken on by Arnau de Vilanova”
pag. 105; vedi ancora op.cit. in “Arnau
de vilanova y el pensamiento islámico
di Santonja
P., pag. 45
72
Giralt S. ibidem; Il De sigillis era basato sul Picatrix secondo
Henry
Kahane, Renee
Kahane and Angelina
Pietrangeli, ‘Picatrix
and the talismans’,
Romance Philol. 19, 574–593 (1966)
73
Nel luglio 1301 Arnaufinì un libro di medicina (Regimen sanitatis,
forse il trattato anche conosciuto Contra calculum) dedicato a
Bonifacio VIII. Un altro testo di Arnau, di cui il Calvet dubita
(cfr. Calvet in op.cit., pag.29) e considera parte del Flos Florum
e, dunque, opera dello Pseudo Arnau, è l'Epistola ad Papam
Bonifacium VIII. Il testo apparteneva al re angioino di Napoli ( e
non “aragonese” come con grave errore dice il Calvet a pag. 29
del suo testo più volte citato) ed è reperibile anche in un'altra
versione nota sotto il titolo di Tractatus magistri Raynaldi de
Villa Nova (Calvet, op.ct. Pag. 29, nota 3). Il nome Raynaldus,
al posto di Arnaldus, è da notare, è stato usato da Roberto
d'Angiò in una lettera del 15 aprile 1310, a Bianca regina
d'Aragona, sua cugina. Nel manoscritto conservato a Londra, British
Library, add. 10764, XV secolo, fol.71-74, 157-163, Arnau cosi
inizia:”Incipit
Epistola Magistri Arnaldi de Villa Nova in regno Cicilie directa ad
Papam Bonefacium, de lapide philosphorum...”
74
Se fosse confermata la paternità di Arnau, questa allusione
dimostra che Arnauconosceva altri sigilli non basati sulle
costellazioni zodiacali.
75
Arnau de Vilanova, Antidotarium, edito da Antonio
García Masegosa (cf. Opera, f. 244rb). “Ex
mineralibus sumuntur, ut gemme mundate, quas natura mirabilis aut
artifex eruditus edotat interdum potenciis efficacibus in sculpendo
in eis effigies constellacionibus congruis, ut alibi lacius fertur,
velut lapis, quo homo tenens serpentem extinctum manu dextra et
caudam ipsius sinistra invenitur insculptus natura vel arte liberat
hominem a veneno assumpto”.
76
Arnaunell'Introductio in librum Joachim de semine scripturarum in
Opera Theologica omnia (AVOTHO) III a cura di J.Perarnau, Institut
d'Estudis Catalans Barcelona 2004, p. 116,17 dice che l'astrologia è
una scienza che permette di conoscere “rota
totius temporis seculi huius (…) hic astrologus metitur corporum
sfericorum dimensiones, hic octonarium sferarum visibilitus signis
enumerat (…) eclipses luminarium previdet et satagit non sine
misterio coniecturare futura”
77
Giralt, S. “Estudi
introductori. In: Arnaldi de Villanova
Opera Medica Omnia (en endavant AVOMO), VII.1, Barcelona,
Universitat–Fundació Noguera, 2005, pp. 35-37
78
Arnaldus
astrologus? La astrología en la medicina de Arnau de Vilanova.
Medicina e Historia, 2003, 4a época, n. 2, 1-15
79
Juan
A. Paniagua, El
Maestro Arnau de Vilanova mèdico, Valencia,
Catedra de Historia de la Medicina, 1969, p. 70
80
AVOMO, VI.1, pp. 61 i 63 (n. 44 i 45). Giralt, S. The consilia
attributed to Arnau de Vilanova. Early Science and Medicine, 2002, 7
(4), 311- 356
81
“quando flobotomiam facietis, Luna sit in Geminis, quia tunc
verenda est flobotomia”
82
Giralt S. Medicina i astrologia en el corpus arnaldià, dynamis.
Acta Hisp. Med. Sci. Hist. Illus. 2006, 26, 15-38.
83“...valet
autem istud preciosum sigillum [Arietis] contra omnes demones et
inimicos capitales et contra maleficia. (...) Valet autem istud
sigillum [Libre] sacratissimum contra insidias demonum in terra et
in mari (...); et in domo ubi fuerit et sortilegia illi domui non
nocebunt”,
cfr. Opera, ff. 301-302
84
Lettera datata il 14 settembre del 1301 publicata da Finke,
H. Aus den Tagen Bonifaz VIII, Münster, Aschendorff, 1902,
«Quellen», pp. xxvi-xxxvii. De
Albalat riferisce che il papa chiese a re Carlo II: «invenisti
unquam Catalanum benefacientem et qui bona operaretur?», al che
Carlo rispose: «Pater, multi Catalani sunt boni»,
ma a queste parole il pontefice osservò ironicamente di non aver
mai trovato un catalano che facesse cose buone salvo Arnaldo di
Villanova che gli aveva inciso due sigilli aurei e preparato
«quoddam
bracale que deffero, et servat me a dolore lapidis et multis aliis
doloribus et facit me vivere»,
probabilmente, dunque, una fascia di contenzione. Su Arnaue
Bonifacio si veda pp. 191-226, a cura di Giralt, nota 5, e la
bibliografia ivi citata.
85
Pietro D'Abano in Conciliator, Venezia, Giunta, 1565, differentia X,
f. 17va, Guiu
De Chaulhac. Inventarium sive Chirurgia magna [ed. Michael McVaugh e
Margaret S. Ogden], Leiden, Brill, 1997, vol. 6, p. 1 (vol.1, p. 380
e vol.2 , p. 319)
86
Chabas,
R. Inventario de los libros, ropas y demás efectos de Arnaldo de
Villanueva. Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos, 1903, 9,
11-49, n. 20 e n. 330: “VII
emprecios de leon empremudas en aur, e XI en coire, que valon contra
dolor de ronhon, majorment aquelas del aur; e d’aquestas
emprecions ieu porte alcunas a la fibla del braier e alcunas ves
totas”
87
“Sigillum
leonis ab Hermete traditum, si lumbis applicetur, protinus mitigat
dolores in calculosis”
(Speculum medicine, Opera , Lyon, 1520, f. 7ra). Si veda anche J.A.
Paniagua, Notas en torno a los escritos de alquimia atribuidos a
Arnau de Vilanova (1959), in IDEM, Studia arnaldiana, saggio XIV,
451-64, 458 (413 del saggio originale). Il De sigillis attribuito ad
Arnauè considerato probabilmente apocrifo da Paniagua, Sulla
problematica del corpo scientifico arnaldiano, vedi «Actes de la I
Trobada internacional d’estudis sobre Arnau de Vilanova», vol.2,
Barcelona 1995, 9-22, 21) e N. Weill-Parot, Les images astrologiques
au Moyen Age et à la Renaissance, Parigi 2002, cap. 9.
88
AVOMO, VI.2, p. 236; MS París, Bibliothèque Nationale, Hébreu
1181, f. 264v. “ Celeste
sigillum dolores pedum effugat in eternum”,
Aphorismi extravagantes , 24, Lion (calcul) “ Cura
alieniationis... occulta vero reprimendo rebus obviantibus a
proprietate, ut mineralibus aut partibus plantarum aut animalium vel
sigillis celestium figurarum suspensis egro”.
Opera , De parte operativa , Lyon, 1520, f. 128va
89
“Presentia
sigilli leonis lumbis appositi non permittit sensum percipere
lesionem calculi”
( De parte operativa : Opera , Lyon, 1520, f. 127ra).
90
Nel De
duodecim imaginibus Hermetis
(testo di incerta attribuzione) si legge: “Leo.
Forma eius est posita super renem dextrum et super omnem
infirmitatem renum. Fiat forma eius ad formam leonis sine lingua;
rectus non tortuosus. Et fiat in die et hora Solis, et fiat a primo
gradu usque ad decimum prime faciei. Et sit Mars directus; et
Saturnus et Iupiter si fuerint in eodem signo, non potest esse
melius. Et si Luna fuerit in Leone, sit in augmento; et si fuerit in
aliis signis, non timemus eam, tamen non sit in quarta, quinta, vel
sexta. Nec Saturnus sit in domo octava. Et fiat ex auro vel argento,
et fiat sculpendo vel imprmendo uno ictu...”
I, xii, 44, p. 83-85. “Ymago
ad sanandum infirmitates lapidis. Facias ymaginem leonis in lamina
auri purissimi tenentis in ipsius manibus lapidem ac si tripudiaret
cum eo; ipsamque facies in hora Solis primo gradu secunde faciei
Leonis ascendente. Et qui languens hanc tabulam secum detulerit
statim liberabitur. Et hoc sepissime probatum est”,
I, v, 32, p. 22. (cfr. De duodecim imaginibus Hermetis di Susanna
Vela Palomares (1997), Tencar).
91
Jacquart,
D. Calculs et pierres. In: C.
Crisciani; A. Paravicini Bagliani, Alchimia e medicina nel Medioevo,
Firenze, Sismel-Galluzzo, 2003, pp. 247-263; Weill-Parot,
N. Magie
solaire et magie Lunaire: le soleil et la lune dans la magie astrale
(XIIe-XVe siècle). Micrologus,
2004, 12, 165-184; «Leo
respicit cor et os stomachi et pulmonem et epar (...). Libra
respicit renes et nates et pelliculas et circa illas partes...».
De iudiciis astronomie, Opera, f. 293vb. Weill-Parot, in N. Arnaud
de Villeneuve et les relations possibles entre le sceau du Lion et
l’alchimie. In: J. Perarnau (ed.), Actes de la II Trobada
Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, Barcelona, IEC,
2005, p 280., a proposito del sigillo del Leone con cui Arnaucurò
Bonifacio VIII dice che “...le
sceau du Lion devait conduire ses successeurs sur la piste de
l’alchimie : le matériau travaillé (l’or), l’astre
déterminant en dernière analyse (le soleil) et le mal visé (la
pierre rénale) offraient un irrésistible écho aux préoccupations
des alchimistes : respectivement, la recherche de la transmutation
de l’or ou recherche de l’or-elixir, l’assimilation, Sol’or
et le parallèle entre pierre rénale et pierre
philosophale...”.
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