I
Catari si identificavano coll’epiteto “buoni uomini”, “bons
homes”
in catalano, uomini e donne dalla rigida morale che rifiutavano le
ricchezze terrene e si opponevano alla chiesa cattolica e al sistema
feudale. Essi arrivarono in Catalogna nel XII-XIV secolo
dall’Occitania (Languedoc), dove furono vittime di una Crociata
contro di loro e perseguitati dall’Inquisizione. Qui furono
comunque ben accolti dai signori e dai nobili catalani. Oggi in
Catalogna un percorso turistico collega il Santuario de Queralt,
vicino Berga, al leggendario Castell de Montsegur nella regione
francese di Ariège, attraverso il Parc Natural del Cadí-Moixeró,
seguendo il cammino che portò i Catari in esilio. Il percorso passa
attraverso posti come Bagà, Gósol e Bellver de Cerdanya.
Le
Chiese romaniche del tour mostrano portali assolutamente uguali ai
due singolari portali romanici insistenti a Montalbano. Ovvero al
portale della Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria e a quello della
Chiesa dello Spirito Santo. Una singolare presenza nell'architettura
siciiana dell'epoca: unici portali a sesto non acuto, ma a tutto
sesto.
Così
il portale della Chiesa di Santa Julià in Pedra, così come anche la
sua conformazione uguale a quella della Chiesa dello Spirito Santo,
il portale della Chiesa di Sant Quirze de Pedret, quello di San Joan
e la capella de la Pietat a Berga, etc.. sono portali gemelli di
quelli di Montalbano. Quest'ultimi sembrano, comunque, elementi
estranei all'architettura isolana e fuori contesto storico.
Grazie
alla dominante influenza culturale e artistica araba, duecento anni
prima, i normanni adottarono quale segno stilistico prevalente l'arco
acuto1.
L'arco divenne ancora più acuto, nel senso del gotico europeo,
grazie agli architetti e alle maestranze cirstercensi e borgognone al
soldo di Federico II di Svevia come di Manfredi.
I
re aragonesi promossero, poi, un fortissimo investimento pubblico per
la costruzione di chiese e castelli durante il loro periodo: oggi
spesso queste opere vengono sbrigativamente assegnate a Federico II
di Svevia perpetrando l'equivoco creato ad arte tra i due Federico.
Tanto
con Giacomo II che con Federico III lo stile dei portali rimase
sempre quello a sesto acuto, magari con decorazioni in stile
normanno. Tale stile oggi viene chiamato “gotico-chiaramontano”
in onore della casata nobiliare committente di molte costruzioni
pubbliche del periodo e secondo noi, quale segno di un malcelato
tentativo di sopprimere per sempre il nome del più grande Re di
Sicilia dalla storia, sinanco da quella architettonica.
Nonostante
gli stili architettonici dominanti2,
le due chiese di Montalbano, costruite in contemporanea, hanno un
unico diverso stile architettonico.
Hanno
un portale assolutamente identico, salvo per la rosa scolpita nel
portale di Santa Caterina. Tutt'e due le chiese non hanno la zona
absidale: ciò fu dovuto alla scomunica elevata contro la Sicilia ove
per decenni non fu consentito di somministrare sacramenti (come
l'Eucaristia o l'Unzione degli Infermi)? Lo vedremo tra poco.
Tutt'e
due, come le uguali chiese catalane della zona catara, avevano una
piccola finestrella rettangolare sul portale. Questa è rimasta
intatta nella Chiesa dello Spirito Santo, mentre è stata
rimaneggiata e allargata nella Chiesa di S.Caterina con intervento,
certamente, successivo all'epoca aragonese.
Nella
chiesa dello Spirito Santo nella parte alta della stessa finestrella
originale si trovano due rose perfettamente ritratte e distinguibili.
Al centro la data 1310 ancora leggibile.
La
Chiesa di S.Caterina, inoltre, conserva due merli ghibellini, di cui
uno, quello centrale, manomesso con un'aggiunta, quello di sinistra,
invece, ancora intatto. Gli stessi merli decoravano il castello e
furono selvaggiamente rimossi con il consenso delle autorità
preposte alla tutela culturale. Come dire, hanno sottratto a Federico
III, autore del castello, il senso di un'intera esistenza di eroismi
e guerre che gli costarono, a lui fervente francescano, una scomunica
vita natural durante.
Abbiamo
già visto che nel portale di S. Caterina si distingue, inoltre, una
rosa simbolo dei Fedeli
d'Amore, cui apparteneva tra gli altri Dante
Alighieri3,
e poi dei Rosacroce
(e Rosacroce sarebbe stato lo stesso Arnau). Come detto, Santa
Caterina
d'Alessandria
era la santa patrona degli alchimisti: e accanto alla chiesa
ad Ella dedicata sarebbe stato sepolto il più famoso alchimista
e medico europeo, Arnau
de Vilanova. Due rose, abbiamo visto sopra, sono presenti anche nella
Chiesa della Spirito Santo.
Sopra
la rosa e la ghiera del portale della Chiesa di Santa Caterina ancora
esiste un'iscrizione con cui viene dedicata la stessa chiesa a Santa
Caterina d'Alessandria. Nella stessa iscrizione si fa riferimento
anche alla contestuale realizzazione del campanile4.
Il campanile a sua volta riporta la data del 1344.
Considerato
che la data di realizzazione della Chiesa dello Spirito Santo è il
1310 e che la fattura stilistica del portale è perfettamente
speculare a quella di Santa Caterina d'Alessandria, ne riviene che,
secondo noi, Santa Caterina e Spirito Santo sono state disegnate
dallo stesso architetto e prodotte dello stesso coevo cantiere.
Santa
Caterina fu, dunque, costruita nel 1310 e oggetto di rimaneggiamento
nel 1344, ovvero un anno dopo la morte di Eleonora d'Angiò. Venne
alterato il secondo merlo ghibellino centrale cui venne sovrapposta
una croce. Venne rimosso il merlo di destra che lasciò spazio a due
campanili, uno di essi riportante, come detto, la data del 1344.
Infine, venne fatta la dedicazione, con la sopraccitata iscrizione, a
Santa Caterina d'Alessandria, senza però citare Arnau da Vilanova.
Altro
particolare non esistevano croci nelle originarie configurazioni
architettoniche delle due chiesette. Quella nel merlo di centro della
Chiesa di Santa Caterina, come sopraccennato, venne aggiunta
rimaneggiando il merlo centrale solo nel 1344. Vedremo tra poco il
perchè.
Erano
cambiati i tempi rispetto al periodo della gioventù della da poco
defunta Regina Eleonora d'Angiò e del suo marito Federico III. Il
loro figlio Pietro II, già di suo impacciato, divenne prudentissimo
al fine di evitare un ulteriore scomunica a vita già comminata a suo
padre Federico dalla Chiesa di Roma.
Tempo
prima alcune proposizioni di Arnau erano state condannate dal sinodo
di Tarragona del 1316 e da lì a due anni i libri di Arnau sarebbero
stati bruciati anche a Girona nel 1346. L'atmosfera sconsigliava di
citare Arnau. Egli, già in odore di eresia per motivi teologici,
aveva, nell'ultima parte della sua vita, inoltre, coltivato interessi
alchemici che erano, nel frattempo, divenuti sospetti all'indomani
della “consultazione sulla magia” fatta dal papa Giovanni
XXII nel 1320.

Elisabetta
non fece citare Arnau dedicando, comunque, la chiesa a Caterina
d'Alessandria, santa, comunque, ben accetta alla Chiesa dell'epoca,
pur essendo la patrona dei filosofi e degli alchimisti. Abbiamo già
detto che la dedicazione ad una santa non avrebbe, secondo noi,
potuto essere “farina del sacco” di Arnau attese le sue tendenze
evangeliche riformatrici e beghine. Tendiamo a credere, invece, che
Arnau possa avere precedentemente intitolato la Chiesa al “Padre
Nostro” o al “Santissimo Salvatore”. Ammettiamo, comunque, che
in mancanza di prove documentali queste ultime sono solo
speculazioni, anche se verosimili.
Rimane
da dire che l'iscrizione è, comunque, difficilmente leggibile causa
l'erosione degli elementi atmosferici. Necessiterebbe, pertanto, un
urgente restauro al fine del recupero di qualche elemento di
scrittura residua.
Dobbiamo
ancora dare una risposta sul tema della mancanza di absidi.
Nell'abside, insisteva il tabernacolo ove veniva conservato il corpo
e il sangue di Cristo, per il sacramento dell'Eucaristia. Nelle
chiese catare non si somministrava la comunione.
I
catari
confutavano i sacramenti del battesimo e della comunione (eucaristia)
poiché, essendo l’acqua del battesimo e il pane dell’ostia fatti
di materia impura, non potevano avere in sé lo
Spirito Santo.
La
mancanza delle absidi nelle due chiese di Spirito Santo e di Santa
Caterina d'Alessandria era dovuta, pertanto, non alla scomunica di
Federico. Le altre chiese costruite nel periodo dello scomunicato
Federico erano, infatti, tutte regolarmente dotate di absidi.
Abbiamo
detto che non vi erano croci nelle due chiesette al momento della
loro realizzazione nel 1310. Il motivo è presto detto: per i Catari
la croce era un “mostruoso strumento di tortura”5.
Si
trattava, per come visto nei portali, di chiese prive di croci nonché
prive di absidi. Spirito Santo e l'originaria Santa Caterina furono,
dunque, chiese probabilmente costruite da catari e dedicate alle
funzioni di culto evangelico di tipo cataro-beghino.
Abbiamo
detto che Federico III accoglieva gli spirituali francescani toscani
a Corte. Abbiamo anche esaminato i rapporti tra Arnau e i Beghini
Catalani cui lui dedicò due trattati. L'architettura e lo stile
singolarissimo dei portali, in particolare, stanno ad indicare un
qualche rapporto culturale e stilistico con la Catalogna dei Bons
Homes?
Noi pensiamo di sì.
E'
probabile che le due chiese siano state, dunque, progettate da un
architetto cataro o beghino, giunto dalla Catalogna, magari da Berga,
e al servizio di Federico III6.
Ricordiamo,
inoltre, che sul sito di Argimusco, vicino Montalbano, tra i tanti
simboli stellari, alchemici e templari, insiste anche il simbolo del
Pellicano7,
simbolo cristico che prima era appartenuto ai catari8
e, dopo, acquisito a tutta la cristianità (vedasi articolo di Paul
Devins su Centonove del 23 marzo 2012 pagg. 36-37).
Papa
Martino IV nella
Bolla
Solebas hactenus mater9,
nel 1284, lamentava le protezioni di cui godevano i
Catari in
Sicilia10
per opera dei regnanti aragonesi.
Il
Savini ci dice, inoltre, che nel 1300 l'unico Diacono maggiore Cataro
vivente (un
Hereticus Maior)
esercitava ancora nella sola
Sicilia11.
Alcune
testimonianze rese davanti agli inquisitori francesi fanno pensare ad
una vera e propria emigrazione di boni
homines
fuggiaschi dalla Provenza alla Sicilia tramite il porto di Genova.
L'ultima fuga è del 130712.
Nel 1309 Guillem Falquet confessò a Tolosa di essere stato quattro
volte a Como e anche in Sicilia per organizzare la chiesa catara13.
Non
dimentichiamo poi che cosa diceva Ramon Muntaner sulla Corte
Montalbanese di Federico, nel luglio 1309, piena di dignitari di
corte catalani e aragonesi: “...y
muchos caballeros catalanes y aragoneses, y muchas otras buenas
gentes, de forma que había al menos un centenar de buenos hombres de
gran linaje, y mucha otra gente...”.
La
presenza catalana a Montalbano era dunque consistente. C'erano anche
architetti catari o beghini?
Arnau
dal 1309 divenne il mentore religioso di Federico
III, e lo guidò nel suo cammino di riforma. Lo esortò ad
amministrare il suo regno con uno spirito idoneo ai doveri del
“perfetto” (perfectus,
termine tipico dei catari
di Provenza
inteso quale raggiungimento della più elevata spiritualità catara)
re cristiano. Nel 1310 compose la Informació
espiritual per al rei Frederic.
Alcune di queste raccomandazioni per la conversione degli ebrei della
Sicilia
e musulmani furono integrate nella nuova legislazione della Sicilia,
Ordinationes
Regni Sicilie.14
Arnau indusse Federico a fare voto che non avrebbe mai ritirato la
sua offerta di protezione a tutti coloro che osservavano
la povertà evangelica15.
Grazie ad Arnau Federico diede, dunque, accoglienza ai toscani
Spirituali,
accoglienza vietata, invece, dal Concilio
di Vienne16.
Abbiamo
visto che Arnau diffuse vari scritti in volgare per i Beghini,
maschi e femmine Terziarie
Francescane della Linguadoca
e della Catalogna.
La Confessiò
de Barcelona
(1305) e il Raonament
d'Avinyó
(c.1310) erano vere e proprie dichiarazioni di simpatia alla fede
beghina da parte di Arnau.
La sua Informatio
beguinorum seu lectio e
il Alia
informatio beguinorum,
scritti tra il 1305 e il 1311, erano scritti per comunità di
beghini
di Narbonne e di Barcellona.
Ricordiamo che tali scritti furono veri e propri manuali di guida
pastorale progettati espressamente per le comunità beghine.
Poniamoci ora però delle domande.
E'
possibile pensare che Arnau non introducesse alla Corte di Federico
il suo mondo spirituale beghino catalano giacchè Maestro spirituale
della Famiglia regia? No.
E'
possibile che tutto questo sia scomparso e non abbia lasciato
traccia? No.
Gli
scritti di Arnau de Vilanova, infine, confermano le nostre ipotesi
sulle due chiesette? Sì.
Nel
1305 Arnau aveva costituito uno Scriptorium a Barcellona che,
probabilmente, lo seguiva scrivendo quanto lui andava dettando nei
suoi viaggi. Che lo Scriptorium fosse costituito da beghini è
provato dal fatto che lasciò a “varie persone di penitenza
(beghini)” parte dei suoi scritti.
E',
dunque, verosimile che Arnau fosse seguito da beghini, suoi
assistenti dello Scriptorium, alla corte di Federico. Abbiamo già
visto sopra che è noto che durante gli anni siciliani Arnau fosse
associato a vari gruppi di 'fratelli
poveri di Penitenza',
o Beghini. E abbiamo visto ora che, proprio nel 1310 a Montalbano,
Arnau fece promettere a Federico di accogliere e proteggere i suoi
amici beghini.
Riteniamo
probabilissimo che, dunque, proprio accanto al re, alla corte di
Montalbano vi fossero gli amici beghini di Arnau della cui protezione
il Maestro si preoccupò proprio prima della sua morte, sopraggiunta
nel 1311.
La
prova del fatto che, oltre agli elementi stilistici (portali e
mancanza di croci) e funzionali (mancanza di absidi), le due
chiesette fossero state destinate al culto beghino l'acquisiamo
indirettamente da Arnau quando nell'Informaciò Espiritual prescrive
alla Regina Eleonora di “organizzare
gruppi religiosi sullo stile beghino”.
Arnau quando scrisse quelle parole nel 1310 era a Montalbano.
Evidentemente, quei gruppi religiosi a Montalbano dovevano pur
riunirsi con la Regina da qualche parte, ovvero nelle due chiesette
in stile cataro-beghino17.
Insieme
ad un tabernacolo di legno donato dalla Regina Eleonora d'Angiò ad
Arnau, le due Chiese furono la controprestazione, “una moneta
spirituale” secondo la forma mentis di Arnau, per un grande
servigio reso da Arnau de Vilanova alla famiglia reale. Il servizio
era stato, per come abbiamo visto su Centonove del 23 marzo 2012
pagg. 36-37, la progettazione e direzione lavori del grande “speculum
astrorum”
costituito da enormi statue di pietra sull'Argimusco. Tale grande
opera, realizzata sul demanio su concessione regia, serviva quale
strumento medico, per le applicazioni dei salassi in particolare, a
mezzo della lettura delle fasi e dei passaggi della luna per le varie
costellazioni fatta dal sestante di pietra arabo. Tanto per la
protezione della salute della famiglia reale in vista dei cataclismi
e delle tribolazioni, annunciati dallo stesso Arnaldo nel 1308 per il
1311.
Le
due chiese montalbanesi sono l'unica testimonianza superstite, almeno
dal punto di vista dello stile degli edifici di culto, della presenza
cataro-beghina in Sicilia e a corte in particolare. Senza trascurare
il fatto che le crociate e le persecuzioni contro i catari, oltre ad
occuparsi del rogo dei corpi degli eretici e della confisca dei loro
beni, si preoccupò in sommo modo di cancellare ogni traccia della
loro esistenza, distruggendo le loro chiese tanto in Francia quanto
in Italia.
In
tutto il vastissimo patrimonio architettonico medievale italiano e
siciliano i due portali romanico-catalani delle due chiese
trecentesche di Montalbano costituiscono, dunque, una singolare
eccezione.
La
preziosa architettura catalana, legata alla presenza di catari18
e beghini a Montalbano, potrebbe essere, peraltro, una nuova risorsa
di attrazione turistico-culturale. Aggiunta all'unicum mondiale
dell'Argimusco non è male per un piccolo Comune montano della
Sicilia...
Arnau
e i suoi discepoli beghini dello Scriptorium di Barcellona avevano,
dunque, lasciato traccia del loro passaggio. Traccia unica e
riconoscibile, oggi come allora.
Paul Devins e Alessandro Musco - Marzo 2013
1
Salvo
l'unico esempio di portale in stile romanico pugliese nella
Cattedrale di Catania, portale poi rimontato nella Chiesa di S.Agata
al Carcere.
2
“...Nella
provincia di Messina, la civiltà figurativa espressa
dall'architettura del XIV secolo continua a svolgersi nel solco
della tradizione e delle tecnologie già affermate, accogliendo i
nuovi modelli strutturali e formali: l'influenza catalana si è
intrecciata, sovrapposta o è subentrata a quella chiaramontana,
assumendo caratteristiche innovative dettate dalla personalità e
dalla cultura radicata negli artigiani locali, dando vita ad
elementi assolutamente originali nei loro caratteri stilistici ed
estetici.Oltre alla più tradizionale figurazione gotica
ascensionale, con archi a sesto acuto a ghiera multipla, comunque
molto diffusa a tutti i livelli, si è individuata la compresenza,
rara o forse assente nel resto della Sicilia, di uno stile gotico di
influenza campana, dall'aspetto massivo e caratterizzato dalla
mancanza di tendenze ascensionali e contraddistinto da una
decorazione di matrice floreale, dai caratteri eleganti e delicati,
simili a pizzi e merletti. (Testimonianze di architettura
catalano-aragonese in provincia di Messina di lindabarnobi su
Sikania.it internet).
L'autrice ignora che a Montalbano esistono portali trecenteschi a
tutto sesto.
3
Beatrice
dice a Dante nella Commedia “Perchè
la faccia mia sì t'innamora che tu non rivolgi al bel giardino che
sotto i raggi di Cristo d'infiora? Quivi è la rosa, in che il verbo
divino carne si fece; quivi son li gigli al cui odor si prese il
buon cammino”
(Paradiso, XXIII, vv.70-75). Nel Convivio Dante poi dice: “E
conviensi aprire l'uomo quasi come una rosa che più chiusa stare
non puote, e l'odore che dentro generato è spandere”.
La rosa è per Dante l'Ecclesia spiritualis costituita dai
“perfetti”, così come per i Catari. Sulle connessioni tra
Dante, i Catari e il simbolo della rosa vedi il testo di Adriano
Lanza “Dante e la Gnosi: esoterismo del Convivio”, Mediterranee
1990. Vedi ancora Pietro Negri Il linguaggio segreto dei Fedeli
d'Amore, UR 1928, pag. 70 e ss.
4
Apprendiamo
dall'ottimo Alessandro Musco che l'iscrizione sarebbe stata
trascritta da uno studioso locale e poi tradotta dallo stesso Musco.
5
Nell'Interrogatio
Iohannis,
vangelo apocrifo utilizzato dai Catari, si tratta di una
conversazione tra San Giovanni e Gesù Cristo durante l'ultima cena:
“Da quando il Diavolo decadde dalla gloria del padre e volle la
propria gloria, egli sedette sulle nubi e, mandò i suoi servitori,
gli angeli, fuochi fiammeggianti, sulla terra in mezzo agli uomini
da Adamo fino ad Enoc. E mandò il suo servitore e innalzò Enoc
sopra il firmamento; gli rivelò la propria divinità e comandò che
gli fossero dati penna ed inchiostro: egli sedette e scrisse
sessantasette libri. Poi gli comandò di riportarli sulla terra e li
trasmise ai propri figli cominciando ad insegnare loro il modo di
celebrare i sacrifici ed i misteri iniqui. Quando Satana seppe che
ero disceso giù dal cielo nel mondo, mandò un angelo: questi prese
dei pezzi di legno da tre alberi e li diede a Mosè perché fossi
crocifisso: essi sono stati conservati fino ad oggi per me. (...)”.
La croce fu, pertanto, per i Catari uno strumento diabolico
concepito da Satana.
6
Siamo
i primi a notare queste assonanze stilistiche e culturali tra
Catalogna cataro/beghina e Montalbano.
8
Jean
Duvernoy, La Religios des Cathares, 1976, V. 13. Descente
en ce monde et kénôse : parabole du pélican
p. 82
9
“Passim
inibi, sicut per Inquisitores hereticae pravitatis accepimus,
receptantur Haeretici, proteguntur, proctetique in eiusdem Fidei
derogationem horrendam quotidie moltiplicantur” (”Bolla Solebat
hactenus mater”
Papa Martino IV)
11
“Il
Catarismo italiano e i suoi vescovi nei secoli XIII e XIV” di
Savino Savini, Le Monnier 1958 pp. 175
12
“Il
Catarismo italiano e i suoi vescovi nei secoli XIII e XIV” di
Savino Savini, Le Monnier 1958, pag. 172-174 e ancora vedi A
History Of The Inquisition Of The Middle Ages di Henry
C. Lea, Kessinger 2004 pag. 120 “...we
hear constantly of refugees from Toulouse and Carcassone flying to
Lombardy and even to Sicily...”
e pag. 240 “...the
pilgrims thither had no trouble in finding their fellow-believers
(…) in the kingdom of Sicily...”
14
Vedi Capitula
Regni Sicilie,
ed. Francesco Testa, i (Palermo, 1741), 65–88. In una lettera di
Federico a suo fratello Giacomo, Federico scrive: “Noveritis,
reverende frater, quod ex illo scripto informationis venerabilis et
sapientis viri Arnaldi de Villanova, quod mittimus vobis, collegimus
et edidimus nuper quasdam constitutiones nostras, que sunt per nos
ubique per Siciliam promulgate et ad honorem Dei et laudem sui
nominis observantur».
15
E
Federico mantenne la parola data: suo fratello re Giacomo d’Aragona
prima e il papa Giovanni XXII dopo (lettera del 15 marzo 1317)
esortarono il re Federico ad espellerli dalla Sicilia, ma questi
ignorò la richiesta con disinteresse e il Papa rinnovò la
scomunica contro i Fraticelli, denigrandoli come “...nonnulli
profanae multitudinis viri, qui vulgariter Fraticelli seu Fratres de
paupere vita aut bizochi seu beghini seu alio nomine nuncupantur, in
partibus Italiae necnon in insula Siciliae… contra dictos canones
habitum novae religionis assumere, congregationes et conventicula
facere et superiores sibi eligere quos ministros seu custodes vel
guardianos aut nominibus aliis appellant...” (in Bullarium
Franciscanum,
Roma 1759, V, p. 110).
16
Secondo
H.C. Lea Arnau diede un grande contributo a rendere la Sicilia un
rifugio sicuro per fraticelli ed eretici grazie a come egli stesso
presentò a Federico III gli inquisitori dell'epoca:
“...essi sono peste diabolica, trafficano nei loro uffici
convertendo se stessi in demoni, mai edificano i fedeli ma piuttosto
li rendono infedeli quando si abbandonano all'odio, all'avidità e
al vizio, e nessuno che li condanni o reprima la loro furia...”,
vedi
A
History Of The Inquisition Of The Middle Ages di Henry
C. Lea, Kessinger 2004 pag. 249
17
Vedi F.Bruni La cultura e la prosa volgare nel 300 e nel 400 in
Storia della Sicilia IV Palermo Napoli 1980, p. 195: .”..Villanova
si rivolge anche ad Eleonora, raccomandole che è compito della
regina di “organizzare intorno a sé la riflessione religiosa,
secondo le forme associative delle comunità borghesi e cittadine
dei Beghini che Arnaldo vuol suscitare anche alla corte
siciliana...”
18
Grazie alla recente pubblicistica storica e a fenomeni di massa come
il Codice da Vinci di Dan Brown l'epopea catara è stata oggetto di
riscoperta. Una valorizzazione turistico culturale potrebbe, dunque,
catturare l'interesse mass-mediatico.
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