Come
sopra accennato, nel 1872 il Carini
scoprì il Defloratio
Philosphorum
all'interno del Codice
Speciale, codice raccolta di testi alchemici appartenuto ad una
famiglia palermitana, la Speciale, e risalente
al XIV secolo1.
Dentro
il codice sono presenti vari testi alchemici2.
Alcuni di essi sono da attribuire ad Arnau
de Vilanova per specifica menzione diretta fatta nel codice, altri
testi nel codice, indicati come anonimi, sono stati poi
successivamente attribuiti ad Arnau: è il caso delle Speculum
Alchimiae,
del
Flos
Florum e
del Novum
Testamentum3.
Il
Defloratio
è invece, direttamente attribuito ad Arnau nominato
quale “Magistri
Arnaldi Villanovani”4.
Questo
testo è di importanza essenziale per due ordini di motivi: il primo
è che il testo è stato certamente redatto nei primi trenta anni del
13005,
ovvero pochi anni dopo la morte di Arnau
de Vilanova, il secondo è che esso contiene argomenti e temi
tanto di carattere alchemico quanto di tipo astrologico.
Considerato
che il codice è indiscutibilmente coevo o poco successivo all'epoca
di Arnau, il testo contraddice tutte le tesi degli ultimi anni che
sottraggono ogni interesse alchemico al medico Arnau: tale posizione
dottrinaria è, secondo noi, difforme dai canoni della medicina
dell'epoca profondamente intrisa di alchimia.
Il
Codice, inoltre, lega indissolubilmente l'astrologia
e l'uso delle immagini
riproducenti le stelle
all'alchimia:
non dimentichiamo che Arnau nelle sue citazioni di Thebit
parlava della funzione delle immagini
delle stelle.
L'alchimia
veniva, tra l'altro, considerata da Arnau "l'astrologia
del sottoterra"6.
Forse
riferendosi allo Pseudo
Avicenna
che asseriva che l'astrologia
è scienza ausiliare utile per comprendere l'alchimia7,
Arnau ci dice nel Defloratio
che l'astrologia
è necessaria per la realizzazione
dell'opera
alchemica8.
Il
Defloratio
contiene, inoltre, argomenti relativi al tema dell'importanza delle
immagini
nel rapporto con le stelle9.
Ma
sentiamo dalle vive parole di Arnau la sua posizione sull'argomento,
nella nostra traduzione: “Qui
comincia il libro del maestro Arnau
de Vilanova: il florilegio dei filosofi, sotto la forma di un
compendio sull'alchimia
con altre cose che toccano l'arte delle immagini
(...)”
“(...)
dopo tutto questo il filosofo Hermes
ha convertito il suo spirito e contempla quello che, in funzione
delle loro congiunzioni (costellazioni),
gli astri
possiedono sui corpi inferiori in termini di influenza e permanente
impressione”.
“(...)
Hermes
congetturava”,
dice Arnau,
“in quale misura l'opera
alchemica si realizza
grazie alle immagini
del cielo e ai loro ascendenti, opera che prenderà tutta la sua
efficacia per la vicinanza della quale si trovano
gli abitanti della terra”. Poi
aggiunge, “Hermes
dice che nelle forme esteriori (immagini)
dei segni (delle costellazioni)
si trova una forza molto grande per realizzare
tutti i desideri umani, principalmente nelle case
lunari
e nelle loro esaltazioni10,
nelle triplicità terrestri e nelle loro corruzioni qui e là (..)”.
Dal
testo palermitano ne riviene un chiaro riferimento ai simboli delle
costellazioni
rappresentati con immagini
(statue)
sull'Argimusco
e alla loro funzione. Le costellazioni
avevano
per Arnaldo una forte influenza sugli uomini e le immagini
di esse servivano
per realizzare
i desideri umani, grazie all'osservazione delle case
lunari.
Questa osservazione, lo ricordiamo, veniva fatta dal Sestante
arabo di pietra dell'Argimusco.
A
mezzo della vicinanza alle immagini
delle costellazioni
si poteva beneficiare (esaltare) la triplicità terrestre, ovvero il
corpo, l'anima e lo spirito, soggetti a corruzione qui e nel cielo,
(Magnum
Opus).
E'
qui utile riferirci ancora alle teorie ottiche di Al-Kindi
unite alle teorie sulle immagini
di Thebit,
autori cui Arnau si richiamava sovente (e non è un caso, data la qui
ipotizzata realizzazione
dei megaliti
sulla base dei principi di ottica alkindiana
e delle tesi sull'efficacia delle statue
stellari del Thebit...).
Ricordiamo
che le stesse tecniche di melotesia
astrale per la cura del corpo, tanto praticate dal medico Arnau,
erano state già descritte nel Corpus
Hermeticum11.
Con tali tecniche si riproducevano
le immagini
delle costellazioni
anche per la cura delle parti del corpo connesse alle costellazioni.
Non
dimentichiamoci che nel Medioevo
iberico, da cui proveniva Arnau, la fonte del pensiero magico
ermetico era il qui più volte richiamato Picatrix
(ovvero, il Gayat
al-hakim
arabo), il quale era considerato
opera diretta di Hermes12.
E vale la pena sottolineare
come Arnau, oltre ad autonominarsi
Filius
Hermetis, citi nelle sue opere continuamente Hermes.
Non
intendiamo ora entrare nella sterile polemica sulla negromanzia del
Picatrix,
pur ben trattata dalla Federici Vescovini, in particolare. Il tema lo
affronteremo dopo.
Vogliamo
citare quel testo, oggi da molti studiosi, verrebbe da dire “snob”,
abborrito. In esso meglio si spiega il rapporto tra immagini
e stelle
: “(...)
gli antichi avevano
operato
attraverso delle esplicazioni sottili per cambiare le immagini
delle cose e fare apparire quello che non c'era. E questa la
chiamavano
la scienza delle immagini,
yetelegehuz,
che si interpreta come attrazione degli spiriti celesti” (“et
antiqui sapientes Grecorum operabantur subtilitatibus ad visum
alterandum et a faciendum apparere ea
que non sunt. Et hoc nominabant
scienciam ymaginum yetelegehuz,
quod interpretatur attractio spirituum celestium”)13.
Tramite
le immagini,
per il principio ermetico dello specchio14,
si attraevano
ovvero gli spiriti celesti.
Potremo
anche concordare che, come diremo oltre, Arnau non si riferiva in
questo all' Hermes
del Picatrix
ma solo all'Hermes-Thebit15,
secondo una nota distinzione di Alberto
Magno16
che riprenderemo tra poco.
La
nostra posizione la vorremo definire “prudenziale”. Ma come
ignorare che Thebit
proveniva da Harran
ultimo avanposto
dell'ermetismo sopravvisuto fortunosamente al diluvio islamico17?
Come dimenticare che le teorie e applicazioni magico astrali di
Thebit
erano in toto ermetiche? Si può asserire che il Picatrix
sia stata solo un'aberrazione necromantica del pensiero ermetico? Non
lo sappiamo.
Sia
come sia, rimane il fatto incontestabile che Arnau in persona ci
spiega il rapporto funzionale tra stelle
e le immagini
(ovvero le statue
Thebitiane
dell'Argimusco)
per la realizzazione
dell'Opera
alchemica. “Quod
est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est
sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius...”
recita la (nel medioevo)
notissima Tabula
Smaragdina ermetica. Per realizzare
i miracoli, dice la Tabula, occorre che ciò che è in cielo sia come
ciò che è in terra. Medesimo concetto Arnau ripete, allargandolo al
tema delle immagini
delle stelle
e della vicinanza ad esse, nel testo del Defloratio.
Tramite
la riproduzione (statue)
delle immagini
delle stelle
e il contatto visivo (per dirla come Al-Kindi)
con le stesse immagini,
misto all'osservazione delle stelle
secondo il passaggio di esse dalle varie case
lunari
osservate dal sestante,
si potevano
produrre miracoli e realizzare
i desideri umani tanto per il corpo, quanto per l'anima e per lo
spirito. E', dunque, verosimile
che questa potesse essere stata la funzione dell'Argimusco
nell'intenzione di Arnau, che qui vediamo scritta di sua mano?
Chi
scrisse quelle parole era un noto medico-alchimista
che visse ed operò nel castello di Montalbano
ovvero a poca distanza dal sito ove insistono gli stessi
megaliti/statue
che (guarda il caso!) riproducono, per come lui diceva, le
costellazioni
medievali al tramonto del solstizio estivo, nonché vari altri
simboli
alchemici e templari
(di cui lui trattò in alcuni sui libri18).
Quelle statue
dovevano
essere osservate, secondo le sue indicazioni per la diagnosi e
terapia medica19,
seguendo i movimenti della luna
nelle case
lunari
a mezzo di un sestante
arabo medievale in pietra20
che (altra strana coincidenza!) si ritrova nello stesso sito accanto
ad una vasca
per l'allevamento delle sanguisughe
e ad un piano
inclinato, strumenti necessari per i salassi
da fare, sempre secondo le prescrizioni del medico21,
secondo le varie fasi
lunari
(altra coincidenza!). E' un altro caso, allora, che quello stesso
medico indicasse di utilizzare il sestante
anche per prevenire alla famiglia reale
le incombenti tribolazioni apocalittiche che egli stesso aveva
profetizzato? Il medico ricevette risorse finanziarie, per
realizzare,
quello che lui stesso definiva il "Magnum
Opus",
ovvero la realizzazione
delle immagini
delle stelle...?
Le
prove già raccolte non sono sufficienti per attribuire
definitivamente la paternità dei megaliti
ad Arnau
de Vilanova?
No.
Occorrono altre prove sulla “pista
dell’Arnau alchemista”
supportata dai megaliti dell’ingresso e su quella che noi abbiamo
chiamato la “prova
del passaggio di denaro”.
Cominciamo,
però, dall’indagare su cosa ne è stato dell’indiziato e su
“cosa
si dice in giro di lui”.
Poi affronteremo gli ultimi due temi.
Il
9 Novembre del 1316 il Sinodo
di Tarragona
emise una pubblica condanna postuma di molti dei suoi scritti
spirituali.
Le intensificantesi attitudini anti-spirituali
della corte papale
dal Concilio
di Vienne
(1311), e la sua attività nella preservazione dell'ortodossia
durante il pontificato di Giovanni
XXII, sono il background di questa condanna. Il sinodo proibì di
possedere gli scritti controversi e ordinò che essi fossero raccolti
e bruciati.22
Rispetto alle proteste degli amici e associati di Arnau, che optarono
per un appello al papa,
la lettera di condanna venne rigidamente applicata, con il risultato
che solo un paio di manoscritti delle sue opere oggi sopravvive23.
Molti testi bruciati, forse, ci avrebbero dato maggiori e più
dirette indicazioni sulla realizzazione
dei megaliti/statue
dell’Argimusco.
Il crescente sentimento anti arnaldiano della corte aragonese, che
prendeva le distanze dalle sue idee radicali di riforma sociale e
religiosa, non contribuirono alla preservazione dell'opera di Arnau.
Nel 1346 i suoi scritti, insieme con quelli di Pietro
di Giovanni
Olivi, furono bruciati davanti
alla cattedrale di Girona.
Il Capitolo che emise la condanna (sententialiter
condemnare)
vi ricomprese quattordici proposizioni e ordinò che tredici libri
fossero raccolti entro dieci giorni e distrutti. Se questa fu la fine
di molte delle sue opere, che fine fece il corpo di Arnau? Non vi è
certezza. Tommaso
Fazello
(frate domenicano, storico ed archeologo,
autore nel 1558 del De
Rebus Siculis Decades
Duae), però, scrive “Mons
Albanus, in sacello arcis ab omnibus visitur”24.
Da questa frase molti hanno ritenuto di credere che Fazello
sveli il luogo della sepoltura di Arnau di Villanova. Egli scriveva
duecentoquaranta anni dopo la sua morte: né vicino né però troppo
lontano dall'epoca di Arnau. Visto che Arnau si recava ad Avignone
per conto del re Federico, è, secondo noi, non è improbabile che
l'equipaggio della nave o i soccorritori abbiano, prima recuperato
la salma del prezioso ospite annegato nel naufragio, e, dopo,
riportato, in qualche modo, a corte i resti mortali. Sul tema del
sepolcro di Arnau vi torneremo tra breve.
Quale
sorte hanno invece avuto le sue idee? Non migliori. Oggi le tesi di
Arnau sono vivamente discusse negli ambienti accademici.
Un dibattito tra studiosi da anni si è focalizzato sul tema della
presunta falsità di alcune delle opere escatologiche, alchemiche25
e astrologiche del suo ultimo periodo
di vita
in Sicilia26.
Tra essi il Speculum
medicine
e il Regimen
Sanitatis, il De
Sigillis,
il Liber
de confortatione visus e De
medicina
practica
(gli ultimi due dedicati al Papa
Clemente
V). Sui Beghini
scrisse Informació
espiritual per al rei Frederic
(dedicato a Federico
III nel 1310)27,
Confessió
de Barcelona
(1305)28
e il Raonament
d’Avinyó (c.1310),
la Informatio
beguinorum seu lectio narbone
(scritto tra il 1302 e il 1311), il Alia
informatio beguinorum
(scritto tra il 1305 e il 1311)29.
Alcuni studiosi catalani e non, di fede cattolica, come detto prima,
da anni si sono impegnati in una polemica dottrinaria al fine di
dimostrare che l'Arnau delle opere dopo il 1300 era un altro Arnau e,
dunque, al fine di dimostrare la falsità delle sue ultime opere al
fine di ottenere la revoca della condanna sinodale30.
Bisogna considerare31
che
Arnau è oggi una specie di grande personaggio nazionale della
nazione catalana e molti ospedali in Catalogna
sono dedicati a lui32.Senza
dubbio l'ultimo decennio di Arnau venne dominato dalle sue attività
spirituali
e politiche.
Era,
però quell'Arnau del 1300-11 una persona diversa da quello che
scriveva tra il 1280 e il 1300? Il fatto che in entrambi i periodi
lui producesse contestualmente sia testi spirituali
quanto testi medici suggerisce che egli non abbia mai separato i suoi
interessi spirituali
da quelli medici.33
Arnau
de Vilanova è stato una speciale vittima della tendenza tra gli
storici moderni di vedere la medicina
all'inizio del 1300 come un campo chiuso non aperto a contributi di
altre discipline. In un piccolo ma importante libro, che è ancora la
fonte autorevole per determinare l'autenticità dei trattati medici
attribuiti a Arnau, Juan Antonio Paniagua
ha creato
un ritratto del medico catalano come medico razionale, sistematico,
galenico che dava grande importanza alla ragione, alla
sperimentazione, e alle fonti scientifiche. Egli, secondo Paniagua,
rifiutava la magia
e l’alchimia
ed era totalmente assorbito nell'ambiente medico-scolastico di
Montpellier
della fine del 120034.Questa
visione, ancora portata avanti
da molti studiosi oggi, ha condotto Paniagua
a rigettare come dubbi o apocrifi i trattati intrisi di argomenti
sulla magia
o estranei allo schema mentale caratteristico di quello che è
ritenuto il tipico scienziato galenico del 1300.
Purtuttavia,
Paniagua,
Perarnau, Calvet, etc., continuano a non considerare, oltre la
presenza dell'Argimusco
(ma non è una loro colpa), la prova del Codice
Speciale di Palermo.
Esso è indiscutibilmente coevo35
o poco successivo all'epoca di Arnau e contraddice tutte le tesi
degli ultimi anni che sottraggono ogni interesse alchemico al medico
Arnau (tanto in difformità ai canoni della medicina
dell'epoca profondamente intrisa di alchimia).
Il codice lega indissolubilmente l'astrologia
e l'uso delle immagini
riproducenti le stelle
(vedi le citazioni di Arnau su Thebit)
all'alchimia
(quest'ultima considerata "l'astrologia
del sottotterra")36.
Il
radicalismo religioso di Arnau è stato relegato all'ultima parte,
quella siciliana,
della sua vita,
dopo che lui aveva abbandonato la sua cattedra di Montpellier,
e viene da alcuni classificato come “un'aberrazione”37.
Paniagua
e il Giralt, abbiamo visto, dicono che il trattato De
Sigillis
era con probabilità aprocrifo38.
Ci permettiamo di osservare che la presenza dei grandi sigilli
megalitici
sull’Argimusco,
ove è pressoché sicuro, operò e lavorò Arnau, dovrebbero fare
riconsiderare le polemiche sulla paternità di alcune opere, come il
De
Sigillis,
Liber
introductorius de iudiciis ed
il
Astrologia.
O almeno per il
De
Sigillis
ricondurre la paternità a suo figlio. Per quanto riguarda il De
Regime sanitatis, il
De phlebotomia
e il
Commentum super regimen
sanitatis salernitanum
una conferma dell’attribuzione ad Arnau potrebbe essere presa in
considerazione da parte dell’attuale storiografia se si
esaminassero le tacche
incise e il sestante
arabo sul megalite
della Vergine
che uniti al plateau
scosceso attiguo e alla vasca
fanno ragionevolmente dedurre un uso connesso alla pratica del
salasso, pratica studiata e commentata in tali opere mediche da
Arnau. L’autenticità dell’Antidotarium
potrebbe essere, invece, confermata dal grande megalite/sigillo
del Serpentario/Asclepio
cui Arnau fa riferimento all’interno del testo. L’autenticità
del Regime
Sanitatis,
almeno quale compilazione arnaldiana,
potrebbe essere provato dalla citazione dell’Hydra
sigillo/megalite
presente sull’Argimusco.
Così come la già sicura attribuzione dell’autenticità dei testi
Speculum
Medicine
e del
De
Parte Operativa
troverebbe ulteriore conferma dalla presenza del megalite/sigillo
del Leone
cui fa riferimento Arnau nelle stesse opere e che abbiamo citato in
nota.
Con
riferimento, invece, al centro della polemica ovvero alle opere
alchemiche di cui si disconosce la paternità, un invito alla
riconsiderazione delle tesi potrebbe proprio partire, oltre che dai
riferimenti alchemici presenti in tutta l’opera, e in particolare
nel Defloratio
Philosohorum
del Codice
Speciale di Palermo,
dalla visita dei luoghi di Arnau. Accanto al Castello, ove sarebbe
vissuto e sarebbe stato sepolto Arnau, esiste, infatti, la coeva
chiesa
di S. Caterina
di Alessandria,
patrona degli alchimisti. La chiesa
è stata costruita, lo abbiamo visto prima, durante una delle
permanenze di Arnau in Sicilia
nel 131039
e fu, forse, al completamento dei lavori, dedicata alla patrona degli
alchimisti dopo la morte di Arnau nel 134440,
in suo omaggio.
All’ingresso
dell’Argimusco
insistono, invece, le prove secondo noi, decisive. Se è vero che
Arnau era un medico e che da medico aveva trasfuso le sue conoscenze
tecniche sul sito, da alchimista
aveva, invece, fissato le sue idee nei simboli indubbiamente
alchemici dell’ingresso, ovvero i quattro megaliti
ritraenti simboli
alchemici quali la Civetta,
il Pellicano41,
l’Alambicco42
e
il simbolo del salnitro.
Che Arnau fosse, come altri francescani quali Ruggero
Bacone,
Giovanni
da Rupescissa43
etc., dedito all'alchimia
lo si ricava anche dalla sua opera Exempla Philosophorum, ove Arnau
stabilisce un'analogia precisa tra i procedimenti alchemici di
lavorazione del mercurio,
zolfo e sale
con la passione di Cristo44.
Altra prova coeva della produzione alchemica arnaldiana,
lo ripetiamo, sta nel sopraccitato Defloratio
Philosophoum.
Sulla pista alchemica intendiamo ritornare tra breve.
Per
finire, lo ripetiamo, una ulteriore prova decisiva della presenza di
Arnau sull'Argimusco
è il Delta
(simbolo del Thetragrammaton)
di cui trattò nell'Allocutio
super significatione nominis
"Thetragrammaton"
e di cui si conferma, anche se per fortuna non è necessario,
l'autenticità45.
Per riassumere, crediamo che, oltre al rogo dei libri, abbia molto
influito sulla recente poca fortuna dell’opera di Arnau una certa
ignoranza dei luoghi ove si svolse l’ultima parte della sua vita.
Tanto ha fatto sì che si sia passati dall’arsione delle opere
condannate dal Sinodo, alla riscoperta dell'Arnau alchimista
nel Rinascimento
ed oggi alla “dichiarazione di non paternità” di alcuni libri
messi all'indice. Migliore sorte è toccata all'Argimusco?
No. Abbandonato all'oblio del tempo, è stato ignorato e, talvolta,
temuto poiché non compreso dalle genti locali. La finissima koinè
culturale ispanico-islamica
che l'aveva concepito era, infatti, da tempo scomparsa. A giudicare
dalla presenza di tradizioni orali su streghe
nei luoghi e dalla presenza di ben cinque vescovi di Patti,
quali primi inquisitori di Spagna,
sembrerebbe che forse il sito sia stato utilizzato da alcune vittime
dell'Inquisizione spagnola. Non vi sono però prove o indizi
indiscutibili e sul tema rimandiamo ad alcuni capitoli infra.
Oggi
il sito è stato riscoperto. Sulla scorta di una certa letteratura
new age, di moda negli ultimi anni, alcuni studiosi locali si sono
cimentati in alcune interpretazioni singolari. Non tenendo conto
dell'evidenza geologica
e non intuendo la valenza prettamente astronomica
dei luoghi, si sono avventurati ad attribuire a popolazioni
preistoriche di giganti
o ciclopi
del 10.000 o 15.000 a.C. la realizzazione
dei megaliti.
Si è intesa la funzione di questi come legata a ritualità
misteriche per il ciclo vita
morte e per le stagioni. Alcuni megaliti
sono stati, poi, intesi quali simboli della fertilità sessuale e del
sesso femminile e maschile. Niente di più lontano dalla visione del
mondo del vero autore Arnau, rigido evangelista
beghino,
che raccomandava alla regina Eleonora
d'Angiò contegni di assoluta ed esemplare moralità..(!)46.
I
software informatici oggi, però, consentono a chiunque di verificare
la perfetta corrispondenza speculare delle costellazioni
con i megaliti
al tramonto estivo sia dell'epoca di Federico come anche oggi. Quel
rapporto interattivo con le stelle,
da tempo dimenticato, oggi può essere riscoperto grazie alla stessa
tecnologia… Come dire, un “regressum
ad uterum”
tecnologico!
ARNAU
E L'ALCHIMIA
Affrontiamo
ora la “pista
alchemica”.
Non è intento di questo libro affrontare un tema da anni oggetto di
polemiche circa l'attribuzione della paternità dei testi alchemici
ad Arnau. Il tema ci porterebbe al di là dello studio sui megaliti
di Argimusco
lasciandoci in una deriva di sterili polemiche tra studiosi. Che non
c'interessano. Non ci possiamo sottrarre, però, dall'annotare le
coincidenze tra il corpus alchemico e quello di medicina
astrologica di Arnau.
Abbiamo
visto che nel Novum
Testamentum
Arnau definiva l'alchimia
come "astronomia
dell'inferiore", specificando che i metalli sono come gli
astri.
Nel Testamentum
Arnau dice che i pianeti più lontani dal sole,
Giove
e Saturno,
corrispondono allo stagno e al piombo, metalli vili: il rapporto
d'equivalenza rivela che il piombo è nella sua parte segreta oro e
nella sua parte manifesta piombo. Tale posizione è coerente dunque,
con l'interesse di Arnau per l'astronomia
medica, qui esaminato47.
Come
detto sopra, un primo testo alchemico attribuito ad Arnau è quello
rinvenuto nel codice
Speciale, il Defloratio.
Lo stesso Calvet, pur attribuendolo alla biblioteca arnaldiana,
con obiettività evidenzia elementi di plausibilità nella tesi della
paternità arnaldiana,
a cominciare dalla data di possibile redazione48.
Un
altro testo alchemico contenente tematiche astronomiche
è il “De
aqua vitae
simplici et composita”49:
in quest'opera Arnau si dilunga sul tema della melotesia
ragionando sul collegamento tra le costellazioni
e le parti del corpo, ovvero l’Ariete
che governa la testa, lo Scorpione
le parti sessuali, il Toro
il collo, etc.50
Ancora il testo usa dati astrologici partendo dall'osservazione delle
stagioni stabilendo la corrispondenza tra stagioni, temperamento e
segni. Ad es., se il sangue è caldo e umido come il segno di Giove,
che protegge la casa del sangue, la primavera, stagione calda e
umida, corrisponde al segno di Giove.
Il
Calvet dice che, secondo lui, le parole di Arnau del Rahonement
d'Avinyò ove si lamentava della reputazione di “nigromàntich”
e di “fantàstich”,
farebbero escludere che sia vera la leggenda che attribuisce tanti
testi alchemici ad Arnau.
Come
detto sopra la negromanzia era esclusa concettualmente dalla
definizione di Alberto il Grande sull'Hermes
Thebitiano
in cui, d'accordo, con la Federici, (prudenzialmente) collochiamo il
mondo culturale di Arnau sulla scorta dei megaliti/statue
thebitiane.
L'argomento di Calvet è, pertanto, secondo noi infondato.
La
prima testimonianza delle opere alchemiche di Arnau, la Defloratio,
abbiamo detto risale,
comunque, ad almeno il 1323.
Una
seconda tradizione è quella che, l'abbiamo sopra ricordato, parla di
una dimostrazione pubblica, davanti
alla Curia
Romana, della trasmutazione dell'oro. Tale tradizione, dovuta al
giurista D'Andrea,
è del 134051.
Per
come già detto in nota, un testo alchemico, il De
Aqua Vitae
simplici et composita
è, per le sopraccitate ragioni, autentico e da attribuire ad Arnau.
Il testo è del 1332.
Giovanni
da Rupescissa
cita Arnau52
come maestro alchimista
e teologo
nel 1350 facendo riferimento al Tractatus
parabolicus di
Arnau53.
Le
prime versioni del Rosarium
Philosophorum
sono del 136054.
Il
testo alchemico Testamentum
Philosophorum,
scritto tra il 1332 e il 1333, attribuito ad uno Pseudo
Raimondo
Lullo,
contiene vari passaggi di testi di Arnau contenuti nel Aphorismi
de Gradibus, nel
Speculum
medicine e nel
De
Vinis55.
Anche il testo dello Pseudo Lullo
contiene passaggi relativi all'astrologia
e alla medicina
tipicamente arnaldiani56.
Esistono
numerosissime
conferme di contesto culturale coeve a quelle di Arnau. Ad es.
Bacone57
nella sua opera principale mischia temi
alchemici a quelli astrologici: in particolare, secondo lui,
l'astrononomia
e l'ottica devono essere sollecitate dallo sperimentatore al fine di
attirare la virtù degli astri
e per accrescere il potere dei corpi di uguale complessione. Ancora,
secondo lui l'azione combinata dell'alchimia
e quella delle costellazioni
(ottica
e astronomia)
devono mirare a prolungare la vita
dell'uomo.
Il
Tractatus
Parabolicus,
altro testo alchemico di Arnau, contiene interi passaggi presi
dall'Arbor
vitae
crucifixae Jesu
del maestro francescano spirituale (come Arnau) Ubertino
da Casale.
L'Arbor
Vitae
è stato redatto nel 1305 ed è certo che avesse avuto una “visione
limitata e sorvegliata”. Il Paniagua58
ha per altro riconosciuto che Arnau incontrò nel 1309 Ubertino il
quale gli chiese di essere ricevuto con i suoi frateli dal Papa
Clemente
V. Vista la circolazione limitata del testo sembrerebbe che i
passaggi tratti dal testo di Ubertino debbano, gioco forza, essere
stati scritti proprio da Arnau. C'è da considerare anche che il
Tractatus
contiene vari passaggi ove si parla dell'umido radicale, tema medico
tipicamente di Arnau.
Nel
Novum
Testamentum,
che ricordiamo faceva parte del Codice
Speciale di Palermo,
troviamo un'intera citazione tratta, con qualche modifica, dalla
Tabula
Smaragdina. Tale passaggio spiega perfettamente il senso e la
funzione dell'Argimusco:
“Hermes
pater philosophorum dicens: “Verum sine mendacio illud quod est
superius, videtur etiam, sicut quod est inferius, et e contra, id
quod videtur esse inferius, et apparet superius. Iterum qui vult
miraculum impetrare de una sola re, de qua pater suus est sol, et
luna
mater sua, unicum in suo ventre portat, sua nutrix est terra. Ad haec
dicit, tunc ascendit de terra in coelum, et descendit iterum in
terra, et in se terra sic perforata accipiet fortitudinem superiorem,
et inferiorem”59.
La
verità è che se è vero che la tradizione alchemica potrebbe
certamente contenere testi apocrifi attribuiti successivamente ad
Arnau, è anche vero che tante prove documentali coeve o poco
successive ai tempi di Arnau dimostrano il contrario.
I
simboli
alchemici dell'Argimusco,
il salnitro
(da lui spesso citato nelle sue opere alchemiche), il pellicano
alambicco
(strumento fondamentale del processo alchemico), il
pellicano-uccello
e la civetta
corroborano, secondo noi, la tesi di un Arnau medico astrologo e
alchimista
a tutto tondo.
Secondo
il Calvet60
il sopraccitato giureconsulto Giovanni
D'Andrea61
sarebbe stato all'origine della tradizione secondo la quale Arnau
avrebbe operato
la trasmutazione davanti
alla Curia
romana.
Dice
il Calvet che “le
témoignage du juriste, rapportant des faits vieux de quarante ans,
peut faire sourire...”. Crediamo
che, forse, potrebbero fare, però, più sorridere gli sforzi
denegatori di ogni influenza alchemica nella pratica e teoria medica
di Arnau, sforzi di 800 anni dopo...
Vorremmo
dire, infine, un ultima cosa che intendiamo non suoni offensiva verso
gli storiografi e tutti coloro che si trovano
ad affrontare i temi
dell'alchimia.
L'impenetrabilità delle “deliranti”62
tesi alchemiche è dovuta alle metafore, labirinti sematici e logici
nonché ai doppi sensi di cui gli alchimisti usavano
riempire le loro opere al fine di non consentire l'accesso agli
ignoranti. Il grande malinteso su Arnau forse, è questo. Come poteva
lo stesso medico lucido degli anni tra il 1280 e 1300 improvvisamente
impazzire e compilare negli ultimi anni della sua vita
opere “aberrate” e piene di affermazioni “deliranti”?
In questo atteggiamento sta molto pregiudizio modernista che pone la
nostra scienza al vertice della conoscenza umana, senza mai almeno
darsi il beneficio del dubbio su tale posizione apodittica.
Basterebbe leggere i testi del Gruppo
di UR di Reghini
ed Evola
per potere cominciare a districarsi nella foresta delle allegorie
alchemiche63.
E, aggiungiamo, occorrerebbe una buona dose di umiltà
nell'affrontare quei testi senza pregiudizi.
Arnau
stesso ce lo dice nell'Epistola
super Alchimia
ad Regem Neapolitanum64
quando introduce il tema dicendo: ”Scias
o tu rex, quod sapientes posuerent in opere multas res, et multos
modos operandi (…) quod fecerunt ad excecandum ignorantes,
et declarandum intelligentibus opus predictum (...)”65.
Ancora
nel De
Secretis Naturae Arnau
scrive chiaramente: “(...) Fatui
autem intelligentes ad litteram dicta philosophorum temptant et non
inveniunt. Dicunt: ”Mendacium est, falsa est scientia quia
temptavimus et nihil invenimus”. Et tunc sunt sicut desperati et
vilipendunt libros et scientiam. Et scientia vilipendit eos, quia
scientia non habet inimicum nisi ignorantem
(...)”66.
L'incomprensibile
intrigo verbale e logico non era da prendere alla lettera. Tutto era
stato fatto per accecare gli ignoranti...Non vorremmo concludere che
anche alcuni storici di oggi debbano a forza rientrare in quella
categoria.
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
Ritrovato
“il codice” dell'ideatore,
Arnau, oggi possiamo “vendicare”67
costui tante volte denigrato nel corso del tempo. Prima dileggiato,
dai teologi
di Parigi, dagli inquisitori di Perugia
e dal sinodo
di Tarragona,
che pur tuttavia condannavano
solo alcune proposizioni teologiche
considerate eretiche ma non gli studi alchemici o di medicina
astrale all'epoca parte integrante della medicina.
Oggi vilipeso, da alcuni studiosi che portano avanti
un'agenda ideologica,
tesa alla revoca della condanna sinodale al fine di recuperare agli
onori degli altari qualcuno che per buona parte della sua vita
si battè strenuamente per la riforma della chiesa
cattolica. Tali finalità, forse, poco hanno a che fare con il
rispetto della verità documentale e storica. Tant'è che con i
paraocchi dei pregiudizi odierni contrari ad ogni riferimento
all'alchimia
o alla medicina
astrale, tali studiosi rifiutano in blocco le opere di Arnau ove se
ne trattava, ignorando che tutto lo zeitgeist
dell'epoca era fortemente impregnato di cultura e sapere arabo
alchemico.
Costoro
hanno, forse, reso un buon servizio alla memoria di Arnau? Non
lo crediamo.
Grande
realizzazione
della sua cultura astrologica e delle connesse applicazioni mediche,
l'Argimusco
oggi consente di affermare la verità su di lui. Quelle “opere
aberrate” dell'ultimo periodo
di vita
trascorso anche in Sicilia
erano proprio di Arnau. Sua ne è, dunque, in toto la paternità.
Sulla medicina
stellare Arnau non solo scrisse in tanti testi, ma diresse la
realizzazione
di enormi statue
sabee dedicate alle costellazioni.
Qualunque
maldestro tentativo recente di depotenziare la figura di Arnau di
tutta la grande ricchezza e eterogeneità culturale propria dell'uomo
e tipica dell'epoca, riconducendola dentro le strettoie della
categorie culturali odierne, è destinato a fallire davanti
all'imponente evidenza disponibile in Sicilia
sull'Argimusco.
Non
crediamo che si stia rispettando adeguatamente
la vasta personalità dell'uomo Arnau.
Novelli
Damaste,
alcuni studiosi intendono ridurre Arnau a determinate categorie (i
sopraccitati letti di Damaste)
utilizzando la visione distorta degli occhiali odierni, qualche volta
per malcelati intenti confessionali e/o nazionalistici. Portare agli
allori degli altari il santo medico Arnau per rinforzare dal punto di
vista confessionale un mito della nazione catalana giustifica un tale
scempio della sua opera? Non sarebbe più saggio accettare tutti gli
scritti di Arnau anche se contrari ad alcune visioni del mondo
odierne rispettando lo spirito e la cultura dell'epoca?
Come
per gli ospiti di Damaste
l'operazione sta costando amputazioni di pezzi e la devastazione del
corpus arnaldiano tra espungimenti di testi alchemici o astrologici,
negando la tradizione successiva come anche le evidenze alchemiche o
astrologiche presenti nei testi considerati non aprocrifi. A titolo
di esempio, ci si consenta di citare ancora una volta il testo De
Parte Operativa,
accettato dal gruppo di Perarnau, ove Arnau scrive: “...sed
tamen virtutem quam superiora influunt non suspiciunt nisi corpora
disposita vel solum per agentia naturalia vel adminiculo
artis,
ut ex parte quadam individua cuiiuslibet species acquirunt aliquam
proprietatem que ceteris eiusdem species non convenit...”
e ancora l'Antidotarium
(della
cui autenticità Paniagua
non è però sicuro), ove Arnau dice: “...ex
mineralibus sumitur gemme et mundate quarum naturas mirabilis aut
artifex eruditus edotat interdum potentiis efficacibus in sculpendo
in eis effigies constellationibus congruis ut alibi latius fertur,
velut lapis quo homo tenens serpentem extinctum manu dextra et cauda
ipsius manu sinistra invenitur in sculpturis natura vel
arte
liberat hominem a veneno sumpto...”.
Com'è noto, l'alchimia era considerata nella cultura dell'epoca
l'ars
regia
(o arte) in generale e l'alchimista era chiamato “artista”.
I riferimenti presenti nei testi citati sono riferimenti all'arte
alchemica, che comunque, piaccia o non piaccia ad alcuni studiosi
attuali, era un tutt'uno con l'astrologia e la medicina.
Oggi,
Arnau, grazie all'Argimusco
e alla finissima cultura medico-astrologica ivi rappresentata, può
recuperare l'onore e la dignità del grandissimo scienziato che fu.
Il suo protettore
Federico
III, il più grande re di Sicilia,
ne porta il merito storico a vanto
della terra che accolse il grande medico e scienziato, Arnau
de Vilanova.
Concludiamo
affermando che la massa di prove sin'ora raccolte attesta che Arnau
de Vilanova potrebbe avere concepito e diretto i lavori per la
realizzazione
dello specchio
talismanico dell'Argimusco.
Rimane da scoprire chi avrebbe finanziato e quando tali lavori.
Chiudendo
queste brevi note, auspichiamo che, oltre a ricerche storiografiche
più approfondite e meno condizionate da pregiudizi o da agende di
parte, si possa parallelamente sviluppare una riscoperta dell'opera
di uno dei più affascinanti personaggi della storia umana.
1
Carini “Sulle scienze occulte nel medioevo”, 872, p. XXXI, n. 66
e pag. 7.
2
Per come detto sopra, sulla competenza alchemica di Arnau da
Villanova è in corso un dibattito anche acceso tra gli studiosi.
Gli studiosi che fanno capo a Perarnau (Giralt, Paniagua, etc.) da
anni sostengono che le opere alchemiche e astrologiche di Arnau
siano apocrife e nel migliore dei casi frutto di aberrazioni. Gli
studiosi italiani, in particolare, contrastano tale posizione
rilevando come nel Zeitgeist tardo medievale alchimia, astrologia,
medicina fossero un unica cosa. Si vedano Chiara
Crisciani, in “Alchimia e Potere: presenze francescane (secoli
XIII-XIV)” in I Francescani e la poltica 2002 a cura di A. Musco
Franciscana 13/1 e Graziella
Federici Vescovini, “Medioevo magico. La magia tra religione e
scienza nei secoli xiii e xiv” (Utet, Torino 2008). Sui testi
alchemici vedi il corposo e completo testo “Les oeuvres
alchimiques attribuées à Arnaud de Villeneuve” di Antoine
Calvet, S.E.H.A. ARCHE', prefazione di Sebastià Giralt, 2011.
Quest'ultimo, secondo noi, per quanto curato, è affetto dal
classico pregiudizio moderno verso una scienza che oggi non si
comprende più. Fa specie allora leggere che uno dei riferimenti del
Calvet, Mme Colinet, nell'esaminare l'importantissimo Codice
Speciale di Palermo si lascia andare a commenti del tipo: “...des
variations délirantes sur la pierre et le couleurs ainsi que sur le
sperme, accompagnées d'une comparaison avec la maturation de
l'enfant en gestation sous l'influence des différents planètes...”
nel commento sul Liber Rudiani (o Liber trium verborum) tra i testi
del Codice, cfr. Calvet, op.cit. Pag. 13 nota 4
3Il
Calvet a pag. 40 del “Les oeuvres alchimiques attribuées à
Arnaud de Villeneuve” di Antoine Calvet, S.E.H.A. ARCHE',
prefazione di Sebastià Giralt, 2011, li classifica come opera di
uno Pseudo Arnau
4
Il Calvet, op cit. pag. 40 e 108, ritiene che il testo,
espressamente attribuito ad Arnau, sia invece semplicemente
“appartenuto alla biblioteca di Arnau”. Questo la dice lunga sul
livello di distacco dalla realtà raggiunto dalla storiografia
moderna autoreferente e chiusa nelle polemiche tra pochi studiosi e
ormai lontana anni luce dalle “ricerche sul campo”.
5
Cfr. Ciccarelli, Palermo, Biblioteca Comunale, 1993, nel Catalogo
dei manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane, vol.7. Il
Calvet, per potere negare l'attribuzione testuale ad Arnau contenuta
nel testo, afferma che la forbice temporale di redazione del testo
del Defloratio tra il 1323 e il 1350 sarebbe troppo “étroite”e
che occorrerebbe stabilire una forbice ben più larga tra il 1323 e
il 1350 “voire plus tard encore”, Calvet, in op.cit., pag.12. La
versione dello stesso manoscritto del Defloratio in possesso della
Biblioteca Nazionale di Parigi, BnF, lat.6514, XIII-XIV siecle, di
origine nord Italiana e proprietà dei duchi di Milano, afferma il
Calvet, sembrerebbe collocare il lavoro dello Pseudo Arnaldo verso
il 1330 poiché non si trova alcuno dei testi pseudo arnaldiani nel
manoscritto norditaliano in possesso della biblioteca di Parigi. Il
manoscritto di Palermo secondo lui avrebbe, dunque, raccolto i
trattati circolanti nel regno di Napoli e di Sicilia una ventina
d'anni dopo. Una costruzione di logica ardita che però, secondo
noi, non tiene conto che comunque la versione “parigina” del
testo del Defloratio ripete quasi esattamente le stesse parole di
Arnau sul rapporto tra stelle, alchimia e immagini. Se si paragonano
quelle parole con le parole usate da Arnau in altri testi
specificamente attribuiti ad Arnau, ad es. i testi astrologici
classificati come “da attribuire” ad Arnau secondo il Giralt nel
suo ottimo studio sul tema (cfr. S. Giralt Decus Arnaldi, Etudis
entorn dels ecrits de medicina practica, l'ocultisme i la
previvenzia del corpus atribuit a Arnau de Vilanova) ne riviene che
i due testi pur di diversa datazione sono in toto coerenti con il
corpus astrologico di Arnau.
6
“Explicit liber modernus de inferiori astronomia que
irrationaliter novum testamentum appellatur”, Arnau de Vilanova
Novum Testamentum, Munich, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 455, Xvà
siecle, fol. 116-119
7
Pseudo avicenna, De anima in arte alchimiae, 1572, cap.II, dictio 1,
p.47
8
“...philosophus et contemplatus est ea que articulis superiorum
corporum habent ad inferiora influentiam et impressione assiduam...”
9
Arnau nell'incipit scrive "...deflorationes quorundam
philosophorum sub compendio in alchimia cum quibusdam aliis ad artem
ymaginum spectantibus" per poi proseguire "Post hec
convertit animum suum philosophus et contemplatus est ea que
articulis superiorum corporum habent ad inferiora influentiam et
impressione assiduam. Et coniectavit quantum ymaginibus celi et
earum ascendentibus quod esset omnis eficacia quam circa habitantes
terram hunc fieri. Et dixit quod in faciebus signorum esset virtus
maxima operandi omnia que homines desiderant et maxime in dominibus
et gaudiis et triplicitatibus terreis vel terris, sive terrenis et
eorum corructionibus hic et inde...".
10
Sulle esaltazioni alchemiche vedi Liber
Platonis Quartorum, in Teatrum Chemicum, V, pag. 114 e 137: nel
testo sono citate le corrispondenze tra le exaltationes delle
facoltà e quelle degli elementi fino all'exaltatio intellectus,
corrispondente all'elemento del fuoco.
11
“Hermes autem Trismegistus dixit in libro de ymaginibus ad
calculum ubi posuit ymagines omnes et singulas appropriatas cuilibet
membro corporis humani et sub signorum faciebus constructas: recipe
aurum purum et fac sigillum, in quo scribas figuram Leonis, Sole
existente in Leone in prima facie uel secunda et in angulo orientis
uel meridie, et Luna non existente in eius domo, et domino
ascendentis non aspiciente Saturnum uel Martem aut recedente ab eo.
Et hoc sigillum ligetur in lumbari uel circa renes. Ego feci
sigillari trociscos de sanguine hirci secundam doctrinam istam
factos, et operabantur miraculose. Hoc idem fit in aliis passionibus
membrorum secundum modum et formam et ad equacionem planetarum”,
in la Rivelazione segreta di Ermete Trismegisto”, II Vol, a cura
di Paolo Scarpi, 2011, pag. 17.
12
Per i testi ermetici, oltre l'opera sopraccitata di P.Scarpi, si
consulti l'opera completa con i commenti di A.D. Nock e di A.J.
Festugiere e curata da I. Ramelli “Corpus Hermeticum” Bompiani
2005
14
Si vedano le spiegazioni sulla funzione delle immagini in
Iniziazione all'ermetica, pag. 189-218 di F.
Bardon, Astrolabio, 1978 e in UR 1927, Vol. 1, “La magia delle
immagini” di Abraxa,
pag. 289 e ss., e ancora con riferimento all'attivazione magica
delle statue in UR 1928, vol. 2, “La magia delle statuette” di
Arvo,
pag. 221.
15
Citiamo ancora, poiché citazione utilissima, il passaggio di Arnau
sulle statue stellari di Thebit: “Unde secundum Thebith ymagines
fiunt habentes virtutes lapidum preciosorum mineralium nec ab aliquo
habent virtutem nisi ab aspectu planetarum in tempore quo
artificiuntur. Cum materia illarum sit terrea quod apte fiunt vel
metallea, id est tunc ex parte materie non potest multam acquirere
virtutem, sed solum ex virtute celesti que fit in tempore factionis
eorum. Sic est de confectionibus quibuslibet a medicis compositis
paulo minus habent virtutem a tempore confectionis, sed in illo
comparatur melius quam ex parte materie ex qua componunt”, De
iudiciis astronomie, Opera, Venezia 1505, f. 344rb.
16
Sul tema vedi oltre nel testo e cfr. P.
Zambelli, The «Speculum astronomiae» and its Enigma. Astrology,
and Science in Albertus Magnus and his Contemporaries,
Dordrecht-Boston 1997
17
Cfr.,The Elixir and the Stone: The Tradition of Magic and Alchemy di
M.Baigent
e R.Leigh 1997, pag. 34 e ss e Le origini esoteriche della
massoneria di T.Churton,
2005, pag. 46 e ss.
18
Sul pellicano, alambicco, civetta e salnitro vedi sopra, idem sul
delta dell'Argimusco quale simbolo templare e del Tetragrammaton,
cfr, anche "Allocutio super significatione nominis
"Thetragrammaton, J.
Carreras i Artau, in ‘La Allocutio super Tetragrammaton de Arnaldo
de Vilanova’, Sefarad, 9 (1949), 75–105
19
Arnau sulla diagnosi e la profezia medica rivela che l'astrologia,
una delle scienze del quadrivio, gli permetteva di conoscere «rota
totius temporis seculi huius [...] Hic astrologus metitur corporum
sfericorum dimensiones, hic octonarium sferarum visibilitus signis
enumerat [...] eclipses luminarium previdet et satagit non sine
misterio coniecturare futura», A. de Villanova, in Introductio in
librum [Joachim] De semine scripturarum, locutio super
significatione nominis «Thetragrammaton», in Opera Theologica
omnia (AVOTHO) III, a cura di J. Perarnau, Institut d'Estudis
Catalans, Barcelona 2004, pp. 116-17. Nel De parte operativa,
sulla terapia medica stellare dice che i cieli agiscono al di fuori
delle qualità elementari, cosicchè, «in ogni ora le parti del
cielo infondono una e un'altra capacità o forza agli esseri
generabili, la quale esige che la figura del cielo sia determinata
dall'oroscopo o dall'ascendente nell'ora riferibile al generabile
o al generato qualunque esso sia» (In omni enim hora influunt
partes orbis aliam et aliam virtutem generabilibus secundum quod
requirit figura orbis determinata per oroscupum vel ascendens in
hora relata ad generabile vel generatum quecumque sit, sed tamen
virtutem quam superiora influunt non suspiciunt nisi corpora
disposita vel solum per agentia naturalia vel adminiculo artis, ut
ex parte quadam individua cuiiuslibet species acquirunt aliquam
proprietatem que ceteris eiusdem species non convenit”, Arnaldo da
Villanova in De parte operativa in Opera Omnia, Lione 1532 fol.
127ra. Sempre sulla terapia medica astrale citiamo un altro
passaggio: «Ex fortitudine causarum concurrentium, utpote forti
aspectu celestium corporum, sive hora generationis sive hora casus
principii semjnalis in agro nature, seu hora nativitatis» (De parte
operativa, Opera, Lione l509, f. 146r).
20
I sestanti di pietra erano una sorta di specialità per gli
astronomi medievali arabi cui viene attribuita l'invenzione e la
sperimentazione di tali strumenti per la prima volta nella storia.
Il primo sestante di pietra conosciuto venne costruito a Ray, in
Iran, da Abu-Mahmud al-Khujandi nel 994. Lo strumento arabo aveva un
arco di 60 gradi su un muro allineato lungo un arco meridiano sulla
linea nord sud e veniva usato per i solstizi. Il sestante
sull’Argimusco ha un angolo di curvatura di 60°, è di pietra, è
perfettamente allineato lungo la meridiana sulla linea nord sud e
veniva usato nei nei solstizi d'estate (cfr., O'Connor,
John J, Robertson,
Edmund F., "Abu
Mahmud Hamid ibn al -Khidr al-Khujandi, MacTutor History of
Mathematics University of St. Andrews)
21
Sul tema delle case lunari nelle quali operare i salassi e la
flebotomia ripetiamo quanto già citato in “Biblioteca clasica de
la medicina espagnola 1936 tomo xii - Parabolas de meditacion di
Arnaldo de Vilanova” al capitolo “Canones que demuestran el
cuadrante de la lunacion mas utile que debe ser elegido para la
flebotomia” (Canoni che dimostrano il quadrante della lunazione
più utile da scegliere per la flebotomia), ove Arnaldo dice:
1.
segùn la influencia lunar, elìgese para la flebotomìa la fase de
la lunaciòn, cuando la enfermedad da tregua para esperar (secondo
l'influenza lunare, si sceglie il salasso secondo la fase della
lunazione, quando la malattia da una tregua per sperare)
2.
la influencia de las estrellas que proviene de virdud especifca es
màs fuerte que aquèlla que proviene de virtud comùn (l'influenza
delle stelle che proviene da virtù specifca è più forte di quella
che viene dalla virtù comune).
3.
La virtud de la luz solar que se comunica a las demàs recibe
informaciòn de la propia naturaleza de ella, proque lo que en otro
se recibe sigue el modo del recipiente (la forza della luce solare
che viene comunicata all'altro riceve informazioni della propria
natura, perchè ciò che è ricevuto segue il modo del recipiente).
4.
Como la propia virtud, la luna mueve y extiende las substancia
acuosas y las dispone en eumento, quanto mà fuertemente irradie,
tanto màs aumentarà el reumatismo (Come la propria virtù, la luna
si muove e estende la sostanza acquosa e la dispone in aumento,
nella misura in cui più fortemente irradia, tanto più aumenteranno
i reumatismi)
5.
siendo, efectivamente, la luna de complexiòn frìa y humeda, en
ningùn estado podrà, por su efecto proprio, llamarse seca o càlida
(essendo infatti la luna di complessione fredda e umida, in nessuno
stato potrà, per il suo effetto, chiamarsi secca o calda)
6.
y por la misma razòn por la que se distinguen las principales
edades en los viventes nòtanse por semjanza en la luna (e per la
stessa ragione per la quale si distinguono le principali età nei
viventi si notano per somiglianza nella luna)
7. asì como la primera edad es aquella en que se principia el
incremento hasta una notable medida de la estatura del viviente, asì
la luna, en la primera edad, comienza a aumentarse hasta la media.
Y asì como la edad seguenda de ellos notable se termina asì
tambièn en la luna. Del mismo modo tambièn la tercera edad del lo
vivientes es aquella en que el viviente comienza ocultamente a
decrecer, a saber, en la virtud, lo cual se manifiesta en el
proceso. Por fin, la cuarta edad es aquella en que el decrescimiento
del sentido alcanza en la misma substancia un tèrmino manifiesto,
parecidamente tambièn en la luna (così come la prima età è
quella in cui comincia a un notevole aumento della statura dei vivi
così la luna nella prima età, inizia ad aumentare fino alla media.
E così come la seconda età di questi finisce, così altrettanto
nella luna. Allo stesso modo anche nella terza età dei vivi è
quella in cui la vita comincia segretamente a diminuire, in
particolare, nella virtù, che si manifesta nel processo. Infine, la
quarta età è quella in cui la diminuzione raggiunge la stessa
sostanza in un termine manifesto termine analogo nella Luna).
22
Il testo della condanna di Tarragona è contenuto in F.Santi,
Arnau de Vilanova, 283–9, in C.
Du Plessis D’Argentré, Collectio judiciorum de novis erroribus
qui ab initio duodecimi saeculi ad annum 1735 in Ecclesia proscripti
sunt et notati, pt. 1/ 1 (Paris, 1728), 268–9; Nicolaus
Eymericus, Directorium Inquisitorum II (Rome, 1578), 198–199.
23
W.
J. Courtenay, ‘Inquiry and Inquisition: Academic Freedom in
Medieval Universities’, Church History, 1989, pag.174
24
“Et totidem. p.m. In edito monte Mons Albanus est oppidum a
Frederico secundo Siciliae rege conditum & muro cinctum: ubi &
regias aedes lapide quadrato conspicuas a fundamentis erexit.
Nobilitatur Raynaldi Villanovae medici & mathematici clarissimi
sepulcro: quod in sacello arcis ab omnibus visitur”
25
I titoli delle sue opere spargiriche, molto apprezzate dagli adepti,
sono i seguenti: La strada delle strade; Flos florum (Il fiore dei
fiori); Lettera sull'Alchimia al re di Napoli; Le Chemin du Chemin,
De Decotione, Practica, Novum lumen (La nuova luce); Rosarium (Il
Rosario); Domande sull'essenza e sull'accidente. Ecco alcune delle
opere di Arnaldo conservate nelle biblioteche:
a.
Firenze, Biblioteca Nazionale MS. Magl. XVI 41. 15th Century. 309
pages. Parchment. Quarto. 297 Arnaldi de Villanova epistola ad regem
Robertum De lapide physico.
b.
Firenze, Biblioteca Nazionale MS. Palat. 758 [514 - E, 5,10,63.]
15th Century. 203 folios. Paper. 143X98mm. 30. f110v-147v Incipit
Liber Rosarii de Lapide philosophico, per Arnaldum de Villanova.
c.
Firenze, Biblioteca Nazionale MS. Palat. 887 [779 - 21,2.] 15th and
16th Centuries. 191 folios. Paper. 216X144mm. 6. f34-41v Arnaldus de
Villa Nova, De Lapide philosophico, in VII capit.
d.
Modena, Biblioteca Estense MS. Latin 362. 16th or 17th Century.
Paper. Folio. 4. Incipiunt Quaestiones tam essentiales quam
accidentales magistri Arnaldi de Villanova de arte transmutationis
declaratae Papae Bonifatio octavo ab eo petitae super compositione
lapidis philosophici
e.
Rovigo, Biblioteca Comunale MS. Concordiano 402 (57,1,2). 15th
Century. 208 folios. Paper. 200X150mm. f1-4 Incipit testamentum
Arnaldi de Villa Nova; Ego Arnaldus de nova Villa Incipio istum
librum in nomine Jesu Christi et Virginis gloriose Quia volo
breviter veritatem de lapide philosophico / pars sit fixa vel sit
defixo retinet secum meliorem partem de non fix
f.
Venezia, Biblioteca Marciana MS. Lat. VI. 214. [3599.] 15th Century.
303 folios. Parchment. Octavo. 2. Raynaldi Arnaldi de Villa Nova.
Epistola de Magistrum de Toledo; Rosa Novella; Verba commentatoria
epistola de lapide philosophico. Exemplum in arte Philosophorum
Venezia, Biblioteca Marciana MS. Lat. VI. 215. [3519.] 297 folios.
Parchment. Octavo.
g.Raynaldi
Arnaldi de Villanova. Quaestiones de Arte Transmutationis super
compositione Lapidis Philosophici. 2048. Paris, Bibliothèque
Nationale MS. Français 2011. Paper. 17th Century;
h.
L'Espitre de maistre Regnault de Villeneufve sur l'alquemye au roy
de Naples. [Arnold of Villa Nova]. 2156. Paris, Bibliothèque
Nationale MS. 7149. Paper. Folio. 15th Century. Arnoldus de
Villanova.
i.
Rosarius, id est, de lapide philosophico libri duo. Arnoldus de
Villanova. Testamentum.
26
J. Perarnau, ‘Problemes i criteris d’autenticitat d’obres
espirituals atribuïdes a Arnau de Vilanova’, in ATIEAV, i. 29–31
27
Informació espiritual per al rei Frederic, in Arnau de Vilanova,
Obres Catalanes i. 223–43
28
Confessió de Barcelona, in Arnau de Vilanova, Obres Catalanes i.
101–39; Raonament d’Avinyó, ibid. 167–221.
29
Lliçó de Narbona, ibid. 141–66; J. Perarnau, L’ “Alia
Informatio Beguinorum” d’Arnau de Vilanova (Barcelona, 1978).
30
Secondo Paniagua in “En torno a la problemática del corpus
científico arnaldiano” in Actes de la I Trobada Internacional
d'Estudis sobre Arnau de Vilanova Volume 2, 1995, pag. 20, le opere
della cui autenticità non si è sicuri sono: 1. Tractatus contra
calculum, 2. De tremore cordis, 3. Regimen contra catarrhum, 4.
Regimen sive consilium quartane, 5. Consilium sive cura febris
ethice, 6. Compilatio de conceptione, 7. Experimenta et recepte, 8.
De simplicibus, 9. Antidotarium, 10. Libellus de arte cognoscendi
venena, 11. Cura epilepsie, 12. Astrologia, 13. Expositio super
aphorismo In morbis minus, 14. Abbreviatio libri prognosticorum, Le
opere presunte apocrife invece sono: 1. Tractatus de epilepsia, 2.
Libellus de confortatione vista, 3. Signa leprosorum, 4. De urinis,
5.Tractatus de venenis, 6. Liber de vinis, 7. De aquis
medicinalibus, 8. De cautelis medicorum, 9. De sigillis, 10.
Commentum super fibrum Galieni De morbo et accidenti, 11. Translatio
Coste ben Luce De physicis ligaturis, 12. Translatio Hippocratis De
lege.
31
Opere da restituire ai propri autori per Paniagua sono: 1. Regimen
sanitatis (Magninus de Mainieri), 2. Tabule que medicum informant
(Staphanus Arlandi), 3. De modo preparandi cibos et potus (Petrus
Musandinus), 4. Tractatus de medicinis digestivis et evacuativis et
earum dosium (Digestiva et purgantia) (Johannes de Parma), 5.
Tractatus de sterilitate (Raymundus de Moleris), 6. Liber de coitu
(Constantinus Africanus), 7. Expositiones visionum que fiunt in
somniis (Guillelmus de Aragonia), 8. Translatio Avenzoaris De
regimine sanitatis (Profacius Iedaeus)
32
Le opere sicuramente apocrife, secondo Paniagua, sono: 1. Breviarium
practice, 2. Regule generales de febribus, 3. Commentum super
regimen sanitatis salernitanum, 4. De conservanda iuventute et
retardanda senectute, 5. Questiones super libello De malitia
complexionis diverse, 6. De bonitate memorie, 7. De phlebotomia, 8.
De ornatu mulierum, 9. De decorazione, 10. De conferentibus et
nocentibus, 11. Recepta electuarii, 12. Regimiento de sanidad, 13.
Libro de medicina llamado Macer, 14. Liber de vita philosophorum,
15. Le tresor des pauvres gens, 16. De querce, 17. De coriandro, 18.
Remedia contra maleficia, 19. Rosarius philosophorum, 20. Novum
lumen, 21. Flos florum, 22. Epistula super alchimia ad regem
Neapolitanum, 23. De lapide philosophorum, 24. Catena aurea, 25.
Testamentum, 26. Translatio Alkindi De raduationibus medicinarum.
33
All'inizio del 1900, Paul
Diepgen (Studien zur Geschichte der Beziehungen zwischen Theologie
und Medizinim Mittelalter: Die Theologie und der ärztliche Stand
(Berlin, 1922) ha cercato di ricreare la visione del mondo di
Arnaldo (Weltanschauung). La sua conclusione è che Arnau ha
conscientemente combinato le sue visioni religiose e mediche e
creato una sintesi di misticismo cristiano, di filosofia naturale
scolastica, di medicina, di visioni neoplatoniche della natura.
Secondo Diepgen, una comune base (agostiniana e neo-platonica) è la
spiegazione dei prolifici interessi di Arnau.
34
Anche se l’attribuzione dell’opera De sigillis è controversa,
le idee sembrano proprio quelle di Arnaldo. I “sigilli” nel
Medioevo sono sospetti perché – come altre immagini o talismani –
sono oggetto d’incantamenti e fumigazioni in cui spesso
effettivamente l’operatore cerca di entrare in contatto con gli
spiriti che vi sono raffigurati (o, come alcuni credono,
imprigionati). Sopra abbiamo esaminato, che non è questo il caso
dell’opera attribuita ad Arnaldo, secondo la Federici Vescovini.
Secondo la studiosa anziché incantamenti ai demoni, Arnaldo
raccomanda la recitazione di preghiere inequivocabilmente cristiane
e di salmi, così che la funzione dei sigilli sarebbe in fondo del
tutto analoga a quella delle “medagliette” ancora in uso oggi
nella pietà del popolo cattolico.(vedi Federici Federici Vescovini
G., Medioevo magico. La magia tra religione e scienza nei secoli
xiii e xiv (Utet, Torino 2008). Per come già chiarito non siamo
totalmente d'accordo, i sigilli si riferiscono allo zodiaco e devono
essere preparati in tempi astrologici particolari nonché con
materiali (tra cui l’oro alchemico) ritenuti dotati di proprietà
“occulte”.
35
Ciccarelli,
Palermo, Biblioteca Comunale, 1993, nel Catalogo dei manoscritti
filosofici nelle biblioteche italiane, vol.7
36
Arnau nell'incipit scrive "...defloraziones quorundam
philosophorum sub compendio in alchimia cum quibusdam aliis ad artem
ymaginum spectantibus" per poi proseguire "Post hec
convertit animum suum philosophus et contemplatus est ea que
articulis superiorum corporum habent ad inferiora influentiam et
impressione assiduam. Et coniectavit quantum ymaginibus celi et
earum ascendentibus quod esset omnis eficacia quam circa habitantes
terram hunc fieri. Et dixit quod in faciebus signorum esset virtus
maxima operandi omnia que homines desiderant et maxime in dominibus
et gaudiis et triplicitatibus terreis vel terris, sive terrenis et
eorum corructionibus hic et inde...".
37
Ziegler J., Medicine and Religion c. 1300. The Case of Arnau de
Vilanova, Oxford, Clarendon Press, 1998, pag.35.
38
“La compleja magia religiosa que ofrece el Tractatus de sigillis
contrasta con la sobriedad que en todo lo relacionado con la magia,
aún con la magia natural, se desprende de la obra auténtica del
maestro Arnau” (Paniagua in “En torno a la problemática del
corpus científico arnaldiano” in Actes de la I Trobada
Internacional d'Estudis sobre Arnau de Vilanova , Volume 2, 1995,
pag. 18
39
Come detto prima, lo stile architettonico, del portale innanzitutto,
fa risalire la chiesa alla stessa data della costruzione della
gemella chiesa di Spirito Santo, 1310.
40
Il 1344 è la data riportata nel campanile della Chiesa di Santa
Caterina
41
Il pellicano compare tra altri simboli nella sintesi dell'Opera
illustrata dalla f.92 del Rosarium philosophorum di Arnaldo da
Villanova. Nei canti XXIV e XXV del Paradiso si trova il triplice
bacio del principe Rosa Croce e il pellicano, (…). queste metafore
erano già adoperate dai Pauliciani
predecessori dei Catari nei secoli X e XI, e poi addottate dai
Catari.
P.Sedir
Il segreto dei Rosacroce, G.Casini, 2010, pag. 15. Vedi Jean
Duvernoy La religione dei Catari, Mediterraneee 1996, pag. 76
42
Nei simboli alchimici il Pellicano indica anche il matraccio
(alambicco), con il caratteristico piede di collegamento alla testa
della cucurbita
e con il capitello che rientrava con un tubo a becco nella parte
inferiore dell'apparecchio (pallone). Il tubo poteva essere
raddoppiato, modificando lo strumento in due palloni comunicanti per
ottenere la "circolatio" doppia. Il Pellicano, o
alambicco, serviva dunque nella coobazione di un liquido. Una
precisa definizione si trova anche in Alchimia Spirituale di R.
Ambelain, ove, per la sua funzione, viene anche chiamato
"circolatorio" in P.
Bornia, La Porta magica di Roma, Phoenix, Genova 1983, pag.60.
43
Il catalano (anche lui!) francescano Giovanni da Rupescissa nel
trattato la Quinta Essentia sosteneva di preparare il farmaco (la
pietra filosofale) in grado di conservare al meglio il corpo dei
confratelli fino al momento della morte, vedi anche G.da Rupescissa
“Sulla preparazione della Vera Pietra dei Filosofi”, Roma, s.d..
Cfr.Chiara Crisciani e Michela
Pereira nel testo “L'arte del sole e della luna. Achimia e la
filosofia nel medioevo”, Centro Italiano di studi sull'alto
medioevo, Spoleto 1996, p. 219,15
44
Cfr.Chiara Crisciani e Michela Pereira nel testo “L'arte del sole
e della luna, cit. p. 234/39. Il Rosarium Philophorum, contestato
quale apocrifo dal gruppo di Perarnau, è considerato autentico da
A. Faivre, Acces de l'èsoterime occidental, Paris 1996 (1986)
p.110 dalle due autrici Crisciani e Pereira nell'opera sopra
citata.
45
Allocutio super significatione nominis "Thetragrammaton"
vedi Introductio in librum Joachim de semine scripturarum in Opera
Theologica omnia (AVOTHO) III a cura di J.Perarnau, Institut
d'Estudis Catalans Barcelona 2004, p. 116,17
46Informació
espiritual per al rei Frederic, in Arnau de Vilanova, Obres
Catalanes i. 223–43
47
Come detto prima il Novum Testamentum è tra i testi alchemici del
Codice Speciale anonimi ovvero non attribuiti nel Codice ad Arnau,
ma solo successivamente. Il testo si riferisce così ai pianeti:
“Incipit tertius liber et ultimus, qui loquitur de transmutatione
duorum metallorum infirmorum et vilissimorum in duobus aliis
subtilissimis secretissime et subtiliter valde loquuti sunt
philosophi sapientes in suis libris quando invenerunt notitiam,
scientiam et experentiam de duobus metallis magis infirmis, et
vilibus in duobus aliis nobilissimis, et subtilimissis, maxime de
metallo plus infirmo, quod transubstantiatur et transmutatur in
nobilissimus, videlicet de Saturno, quia est magis infirmus et
vilissimus inter planetas omnes totius coeli, et etiam inter omnia
metalla terrae vilior transsubstantiatur in solem purum. In hoc enim
accipiunt Iovem, qui sequitur saturnum secundum motum coeli, et per
illam notitiam quam adinveniunt in istis, ipsi discohoperverunt, et
declaraverunt istam artem omnibus illis, quibus Deus dedit istam
scientiam: quia bene verum est , quod saturnus ets sol in natura sua
profundissima abscondita, et sol est saturnus in sua natura
cohoperta experta, ad hoc conveniunt et concordant omnes philosophi,
pro tunc non deficit sibi alius nisi revertere illud quod est
cohopertum et absconditum, seu infra obscurum in suo corpore extra
ponere, et e converso quod est extra nobis asserens revertere ab
initio: quia sine dubio ad intra est purus sol et bonus in omnibus
approbatis, tali modo est de Iove in luna, et de hoc videmus
veritatem transmutatio in eorum duo corpora, videlicet in solem et
lunam, potest fieri duobus modiis sine magnis expensis. (...)
48
Nell'attribuire la data ad un “forchetta di tempo” successiva a
quella indicata dal Carini, dal Re e dal Ciccarelli ovvero tra il
1323 e il 1350, si rifà alle relazioni e ai commenti della M.me
Colinet (A.Colinet “Les manuscript alchimique latin de Palerme,
Biblioteca Comunale, 4° Qq A 10. Descriptione et notes de
travail”). Pur tuttavia, Calvet deve ammettere che solo il
Carini,
il Ciccarelli
e il Re
“ont pu conusulter de visu le codex Speciale”. E ancora in
prosieguo dice: “La Defloratio Philosophorum est le titre le plus
anciennement attribué à Arnaud de Villeneuve. Il est également,
le premier, significatif du recours au mythe dont l'oeuvre
alchimique d'Arnaud de Villeneuve livre d'autre exemples, dans les
Tractatus
Parabolicus, De
Secretis naturae et Catena
Aurea. Cette approche allégorique, jointe à de détails techniques
où se retrouve une langue plus scientifique que littéraire, donne
a cè traité, qui n'a survécu que dans trois témoins tous
attribués a Arnaud de Villeneuve, un parfum d'authenticitè...”,
cfr. Calvet, in op.cit., pag. 39.
49
il testo presente in vari manoscritti fatti risalire al XIV secolo,
non è stato attribuito ad Arnau nella Opera Omnia qui spesso citata
in nota. Un manoscritto del 1332 del De
Aqua Vitae è conservata a Londra al Wellcome Historical Medical
Library, ms 523, 1430, fol. 72-100v. Senonchè nel 1639 il vescovo
Tomasini
segnalò la presenza, in una biblioteca privata di Padova, del testo
sotto il nome di Arnau de Vilanova. Paniagua ha esitazioni a
considerarlo autentico mentre lo viene considerato da R. Halleux che
lo fa risalire alle opere scritte dopo il 1309, cioè durante il
soggiorno siciliano come il De Vinis e il De Conservanda juventute
et retardanda senectute (cfr. R.
Halleux “Les ouvrage alchimiques de Jean
de Rupescissa”, dans Histoire Littéraire de France, XLI Paris,
1981, p.250. Il Calvet nell'opera citata lascia la questione della
paternità di Arnau in sospeso (cfr. Calvet, in op.cit., pag. 91).
Secondo noi, il fatto che ci siano tanti riferimenti astrologici,
confermati dai megaliti arnaldiani dell'Argimusco, e un riferimento
incrociato a vari passaggi dell'altro testo arnaldiano De Vinis, fà
sì che si possa essere pressochè certi della paternità
arnaldiana.
50
Nel De Aqua vitae Arnau parla dell'osservazione delle fasi della
Luna. Come visto sopra, Arnau parla spesso della Luna dicendo che
se, comunque, dovesse diventare difficile ricorrere alle cure
mediche usando i pianeti o le stelle si può comunqe ricorrere alla
Luna: “quando autem Medicus praticans non potest semper habere
certa loca planetarum ut omnia particularia, tunc hoc consideret in
Luna maiori efficacia”, da De Astrologia in Arnaldi Villanovani
Opera Omnia, col 2053-2072, ici col. 2070. Weill-Parot in Les images
astrologiques au moyen age et a la Reinassance, Paris, Champion
2002, pag. 474 e 476 dice che dai greci in poi la luna è l’astro
preferito dagli astrologi: “tout aux yeux des anciens était comme
suspendu aux phases de la Lune et suivait le rythme de sa marche”.
51
Giovanni
D'Andrea, morto nel 1347, in “Additiones
ad speculum juris Durandi, lib. IV, cap. De falsi crimine, in
Calvet, in op.cit., pag 7 nota 5
52
“... Et de predicta preparatione, sublimatione e operatione dixit
Arnaldus de Villanova in eius Tractattu Parabolico de maiori...”,
G. da Rupescissa, Liber
Lucis, in Calvet, op.cit., pag. 236
53Vedi
in Calvet, op.cit., pag. 136
54
Il Calvet attibuisce il Rosarius ad un maestro napoletano
sollecitato da Roberto re di Napoli tra il 1323 e il 1343.
55
La Pereira ritiene che il testo sia stato scritto da un medico di
maiora formatosi a Montpellier (cfr. Pereira
e Spaggiari,
in “Il testamento alchemico attribuito a Raimondo Lullo, 1999 cap.
18 pag. 60.
56
Sul tema del “medium neutrum” tema comune tra Arnau e lo
Pseduo-Lullo vedi M. Pileggi “Le medium neutrum: une possible
liaison entre la medicine arnaldienne et l'alchimie
pseudo-lullienne.”, dans Actes de la II Trobada Internacional
d'Estudis sobre Arnau
de Vilanova Volume, 2004 2005, pag. 413-433
57
cfr, Bacone in Liber
sex scientarum in 3e gradu sapiencie, ed Little and Withington,
Fratris Roger Bacon, De retardatione accidentium senectutis cum
aliis opusculis de rebus medicinalibus, p. 181-186)
58
Paniagua, in Estudios y notas sobre Arnau de Vilanova, Madrid, 1963,
pag. 78
59Palermo
Biblioteca Comunale, 4° Qq A 10, fol.336-339v. Testo tratto d
Calvet, in op.cit, pag. 626
60Vedi
ancora Calvet, in op.cit., pag 7 e 178
61
Nella sua opera “Additiones ad speculum juris Durandi, lib. IV,
cap. De falsi crimine, in Calvet, in op.cit., pag 7 nota 5
62
Cfr., M.me A. Colinet citata dal Calvet, in op.cit., a pag. 13
63
Si vedano i tre preziosi testi del Gruppo
di UR pubblicati tra il 1927 e il 1928 e recentemente ripubblicati
da Mediterranee. Si veda anche il testo di Evola “La
tradizione ermetica”, Mediterranee, 1996 che si potrebbe
qualificare quasi quale un vademecum nella foresta delle allegorie
alchemiche
64
Al solito considerata dal Calvet e dal gruppo di Perarnau opera
dello Pseudo Arnau vedi Calvet, in op. cit. pag. 593
65
Testo tratto da Calvet, in op.cit., pag. 593. Il testo in italiano è
reperibile in La biblioteca alchemica di Rosario e Sabina Piccolini,
MEB 1987
66
Testo tratto da Calvet, in op.cit., pag. 505
67
nel ns testo “Considerazioni propedeutiche alla vendicazione di
Arnau
de Vilanova” 2012, parliamo non a caso di vendicazione della sua
figura storica.
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