Sulla stampa locale siciliana le
tesi quì illustrate hanno suscitato varie polemiche causa l'originalità
rispetto ad alcune mode new age. Definiamo la nostra teoria
"eretico-riduzionistica" poiché confuta ogni possibile riconduzione
del sito a ciclopi o giganti preistorici. Peggio ancora ridicolizza ogni spiegazione
esoterica o aliena. Trattasi di sola medicina, che
all'epoca, causa la forte influenza culturale islamica (Al Kindi, Thebit Ibn
Qurra, Geber e Artefio, in particolare) miscelava tecniche per la creazione di statue e
talismani riproducenti le costellazioni
con l'alchimia,
quest'ultima sempre proveniente dall'Oriente. Di seguito mettiamo in file le
prove che confutano ogni possibile origine preistorica del sito. La sequenza di
prove attesta, secondo noi, l'origine medievale del sito.
1. La geologia delle
rocce arenarie e dei conglomerati lavorati di sabbia e ciotoli
inequivocabilmente molto friabili, attesta una data recente delle conformazioni
simboliche. L'erosione
avrebbe, in altre parole, già eroso le forme
della Vergine piuttosto che dell'Aquila ove le forme antropomorfe o animali fossero state create in epoca
preistorica. La geologia non fa
risalire il periodo di realizzazione ad
un'età più antica di quella storica e, segnatamente, medievale;
2. nei vari saggi di scavo archeologico sul sito non è stato ritrovato alcun resto preistorico. Sono
state ritrovate varie testimonianze relative a presenze di epoca romana e
medievale a causa del passagio dell'arteria intervalliva di collegamento con la
strada romana che passava dall'Alcantara, collegava con Randazzo e con
l'interno dell'isola;
3. al di là della letteratura new age su piramidi e civiltà megalitiche, non
esiste prova di capacità tecniche o conoscenze tecnologiche possedute da
popolazioni preistoriche, almeno locali, al fine del sollevamento e della
lavorazione dei grandi megaliti
presenti sul siti
4. i megaliti sono simili o speculari a costellazioni
catalogate (tranne il Sestante) da Tolomeo, in
epoca ellenistica: le costellazioni
dell'Argimusco non
rappresentanto, dunque, costellazioni
egizie, ma greco-caldee;
5. non esiste prova di costellazioni di
epoca egizia o peggio di epoca preistorica, ma solo di quelle caldee e
successivamente di epoca ellenistica;
6. le costellazioni tolomaiche, salvo
quelle coperte dall'Etna, al
tramonto del mese di giugno del 1.300, ma anche oggi, coincidono specularmente
con i megaliti del sito dell'Argimusco, e si adagiano sopra di loro all'altezza dell'orizzonte nello stesso ordine e
sequenza;
7. la probabilità statistica che dieci costellazioni su
dieci presenti sull'orizzonte da est ad ovest del mese di giugno del 1300 siano
specularmente simili a dieci megaliti
presenti sul sito è, pressochè, pari a zero:
8. la probabilità statistica che dieci costellazioni su
dieci presenti sull'orizzonte da est ad ovest del mese di giugno del 1300 siano
nello stesso ordine e stessa sequenza dei dieci megaliti simili
sul sito (salvo le costellazioni coperte a sud dal
profilo dell'Etna) è,
pressochè, pari a zero;
9. la probabilità statistica che accanto a quello che è
inequivocabilmente il profilo di un'aquila vi siano proprio un serpente, un dardo e un cigno (così come
in cielo e nelle leggende di Igino) o che
accanto alla forma di una donna in preghiera (Vergine) vi sia proprio il profilo di un uomo (Ofiuco), che è a sua volta vicino alla forma di un serpente, di un leone e di un corvo,
esattamente come in cielo, è pressochè pari a zero; medesima considerazione
vale per il fatto che accanto ad un corvo vi sia
proprio una processione di megaliti, a
rappresentare gli aculei della schiena dell'Idra, e un contenitore con un mestolo davanti per definire un cratere greco,
per come esattamente visibile in cielo e riportato nelle leggende di Igino;
10. il viaggio, raccontato da Bartolomeo di Neocastro, di Pietro III
sull'Argimustu (è la prima volta che compare il nome del sito in un documento
storico) è del 1282: tale prova testimonia dell'interesse dei regnanti
aragonesi per l'area. Tale zona era abbastanza
lontana dalla costa aggredibile via mare dalle truppe angioine. La
conformazione orografica non era (e non è), però, ripida ma dolcemente degradante. Tanto consentiva di sorvegliare dall'alto delle montagne ogni
movimento di truppe nemiche al fine di poterle fermare prima dell'avanzata verso l'interno dell'isola. Con sottile arguzia un giovane
studioso ha recentemente sottolineato come il
sopraccitato cronista non abbia fatto “curiosamente” alcun riferimento alla
presenza di megaliti nella zona (G. Tropea “Argimusco e via Francigena
in Sicilia: Contrada Argimusco, valico dei Nebrodi sul sito internet
www.medioevosicilia.eu). Le ipotesi sono due: o il cronista era distratto o
semplicemente non esistevano ancora i cosidetti “megaliti”;
11. il documento diplomatico regio siglato e inviato dall’Argimusco da parte di Federico III e
destinato al fratello Giacomo II re di
Spagna è del 16 luglio 1308. Il fatto che un documento diplomatico di
tale importanza partisse proprio dal sito dell'Argimusco attesta che la
frequenza del re era sul luogo stanziale e non di passaggio;
12. Federico III d'Aragona elesse il castello di Montalbano quale
sua Regia Aedes ed i merli originari
del castello erano ghibellini (il restauro è stato un vero scempio) a
testimonianza della residenza continuativa nel castello del re ghibellino, Federico III,
che, forse anche più di Federico II di
Svevia, è stato in contrasto con la Chiesa romana;
13. il Re Federico III d'Aragona possedeva le ingenti risorse necessarie alla realizzazione dei
lavori dell'Argimusco. Altri
re o grandi casate nobiliari dotati delle risorse finanziarie bastevoli alla
grande impresa dell'Argimusco non
sono rintracciabili nell'area di Montalbano o nei
comuni attigui in nessuna epoca storica;
14. è provato che Federico III nel
mese di luglio 1308 soggiornò sull'Argimusco e che per l'intero mese
di settembre 1308 risiedette a Montalbano. Nel
1310 è anche provato che transitò da Montalbano per
andare a Randazzo. Arnau de Vilanova medico di Federico III d'Aragona, secondo il Mongitore rimase
la maggior parte del tempo ospite della Corte di Montalbano: “Matthaeus
Silvagius de tribus Peregrinis tradit Montem Albanum, Siciliae
oppidum, patria, Arnaldi philosophi & Medici peritissimi extitiffe: in
eodem oppido eius corpus sepulcrum conditum addit. Ibiden sepultum prodit
Fazellus“ in Biblioteca
sicula, sive De scriptoribus siculis, 1707-1714 (2 Vol.) di Antonino Mongitore. Sui
luoghi Arnau curava il re in applicazione delle prescrizioni mediche del
diffusissimo testo del Secretum
Secretorum, sulla cura del corpo dei regnanti;
15. Il metodico utilizzo dell'astrologia da parte dei regnanti della
corona di Aragona nelle applicazioni politico-militari o mediche è oggetto di
crescente attenzione da parte degli studiosi. Il rapporto costante della corona
con medici astrologhi e alchimisti come Arnau de Vilanova e Raimondo Lullo ne è
la riprova. Arnau de Vilanova, prima della residenza in Sicilia, aveva già
ricevuto da Pietro I la concessione
di un castello e un assegno vitalizio per i suoi servizi alla Corona
(per l'interesse dei regnanti aragonesi per l'astrologia cfr. A Kingdom of
Stargazers: Astrology and Authority in the late Medieval Crown of Aragon di Michael E. Ryan
2011). L'interesse della Corte per le applicazioni mediche e politico militari
dell'astrologia corroborano la probabile committenza dello Specchio delle
Stelle di Argimusco per la salute della famiglia reale rispetto alle incombenti
tribolazioni profetizzate da Arnau de Vilanova per il 1311 e all'apocalisse
prevista per il 1368 (di fatto la Peste nera sconvolse l'Europa non negli anni
profetizzati da Arnau, 1311, ma poco dopo nel 1347-1350);
16. Tommaso Fazello scriveva
nel 1558 nel De Rebus Siculis
Decades Duae: “Mons Albanus, in sacello arcis ab
omnibus visitur”. Egli scriveva duecentoquaranta anni dopo la morte di Arnau de
Vilanova (1311): né vicino né però troppo lontano dall'epoca di Arnau. Visto
che Arnau si recava ad Avignone per
conto del re Federico, è, secondo noi, probabile che l'equipaggio della nave
abbia, prima recuperato la salma
del prezioso ospite annegato nel naufragio, e, dopo, riportati a corte i resti
mortali, che essi siano stati sepolti nella cappella/tricora del castello. Un'indicazione della correttezza dell'indicazione
del sarcofago come quello di Arnau sta nel frammento di affresco situato
nell'archetto di raccordo sull'angolo ovest della cappella raffigurante un vangelo scritto
con caratteri del tipo giudeo/arabo. Atteso che Arnau per sua stessa ammissione
parlava sia l'arabo che l'ebraico è probabile che egli fosse il destinatario
della cappella costruita addossata al castello, forse, appositamente per lui
dopo la sua morte anche in omaggio alle sue raccomandazioni sulla evangelizzazione e conversione degli arabi e dei
giudei. Un altro elemento probatorio sta nel fatto che alcuni testimoni locali
attestano che, al momento del ritrovamento, il sarcofago dissotterrato nella
cappella/tricora del
castello, conteneva ossa poi trasportate al cimitero comunale: forse si
trattava dei resti di Arnau de
Vilanova, per come indica la tradizione e il Fazello. Uguale
fine pare abbiano fatto, secondo la tradizione orale locale, delle lamine
metalliche in bronzo contenenti ricette mediche scritte da Arnau e presenti
nella tricora: pare siano state fuse, per farne dei proiettili, dai gesuiti
insediatisi nel castello a partire dal 1805;
17. contestualmente alla presenza del Re e del suo medico Arnau a Montalbano e
sull'Argimusco, erano
insistenti nelle immediate vicinanze vari cantieri edili: quelli per il Castellaccio (a
C.da Polverello), per la torre/fondaco
dirimpetto all'Argimusco,
quello per l'ampliamento del Castello (all'epoca dotato anche di torri oggi
scomparse), quello per la chiesa di S.Spirito e
quello per la Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria,
quest'ultima chiesetta posta accanto al Castello. Erano, infatti, necessari
cantieri molto dotati per i lavori di sollevamento e lavorazione dei grandi
conglomerati e delle pietre arenarie
utilizzate sul sito. In nessun'altra epoca storica furono presenti tali
cantieri nell'area;
18. La Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria
riporta sul campanile
l'iscrizione del 1344, mentre secondo noi è stata realizzata nel
1310 in contemporanea con la costruzione della
gemella Chiesa dello Spirito Santo. Essa è orientata proprio verso l'Argimusco a sud (e non verso est
come si usava all'epoca). La Chiesa
singolarmente conserva un merlo (addirittura!) ghibellino e non
ha nell'arco del portale alcuna chiave di volta.
Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli d'Amore
(nella Chiesa di Spirito Santo sono presenti due rose nella finestrella sopra
il portale), cui apparteneva tra gli altri Dante Alighieri,
e poi dei Rosacroce (secondo Gottfried Arnold
lo era lo stesso Arnau). Santa Caterina d'Alessandria era la santa patrona
degli alchimisti: non è, dunque, un caso che accanto alla chiesa ad Ella
dedicata fosse stato sepolto, secondo il Fazello, il più
famoso alchimista e medico europeo, Arnau de
Vilanova. A questo proposito vale segnalare che è provato che Arnau de
Vilanova fosse al seguito di Federico III nel
1310, e dunque, presente a Montalbano. La chiesa dedicata
alla patrona degli alchimisti venne, pertanto, realizzata davanti al medico-alchimista
Arnau;
19. la figura di donna orante
(rappresentante la Costellazione
della Vergine) non ha un bambino in braccio, come nell'iconografia della dea Iside (Horus) o della Madonna né la figura reca un porcellino tra le mani, come
la dea greca Demetra. La
figura della Vergine è stata prodotta, verosimilmente, in epoca medievale poiché la figura ha un copricapo, una
veste ed è in preghiera come una suora. Tale raffigurazione è assolutamente
conforme alla opinione di Arnau sulla santità femminile. Tale visione è
riscontrabile nei consigli di etica e moralità francescana dati alla Regina Eleonora d'Angiò nell'opera “Informació
espiritual per al rei Frederic”. E' verosimile che la figura della costellazione della Vergine sia
anche omaggio di Arnau alla sua discepola Eleonora d'Angiò. Eleonora ricambiò regalandogli un
tabernacolo di legno inventariato tra i beni di Arnau al n.191 e costruendo le
Chiese di Spirito Santo e di Santa Caterina d'Alessandria, quest'ultima
dedicata alla patrona degli alchimisti.
20. Arnau aveva annunciato
grandi stragi e calamità entro tre anni dalla redazione del testo Interpretatio
facta... del 1308 (ovvero entro il 1311). Il servizio reso da Arnau alla Casa Reale era stato
pertanto la progettazione e direzione lavori della “grande opera” (Magnus Opus)
da lui proposta alla Casata e affidata a lui - tramite una concessione
progettazione lavori sull'area demaniale
regia di Malabotta - per
la realizzazione dello Speculum
Astrorum sull'Argimusco, per
conto e a spese della Camera Reginale.
Il progetto di Arnau era quello di creare un talismano di
pietra, uno speculum medicine, al fine della
cura del corpo del re e della salute della famiglia reale
nell'imminenza dell'annunciata catastrofe. Arnau de Vilanova era già
concessionario della Corona d'Aragona per via della concessione datagli sul
castello di Otter.
21. La figura della Vergine in preghiera ha le mani giunte con le dita
intrecciate all'altezza del petto. Nell'antichità pregare con le dita
intrecciate, in Italia come in Sicilia, era
vietato sia durante l'epoca greca che durante l'epoca romana. Si intrecciavano
le dita in India e in Mesopotamia. Solo il cristianesimo portò la tradizione
orientale della preghiera a mani giunte e intrecciate, usanza considerata anzi
prima di malaugurio in occidente.
Pregare con le mani giunte e le dita intrecciate era, infatti,
assolutamente vietato nel rito religioso romano.
22. la civetta sita all'ingresso del sito è simbolo della conoscenza
dell'occulto della Dea romana Minerva: tale
simbolo è stato poi continuamente riprodotto nelle varie simbologie alchemiche
(Vedi il testo De Emblemata);
23. i libri di Igino “De Astronomia” e le “Fabulae” sono
del II/III secolo dopo Cristo e sono
tornati di gran voga in epoca tardo medievale. Essi sono stati l'ispirazione
dei collegamenti simbolico/mitologici tra i megaliti del
pianoro: si vedano, in proposito, le leggende greco/romane che collegano la costellazione
del Cigno e quella dell'Aquila, quella del Dardo di Cupido
con l'Aquila, quella
di Asclepio (o Serpentario) con quella del Corvo ed,
infine, quella del Corvo con quella dell'Idra e del Cratere. L'Argimusco
riproduce i miti astrali in una sorta di grande teatro stellare
all'aperto;
24. nella parte posteriore, rivolta ad ovest, del megalite dell'Aquila è visibile una faccia umana: come spiegato nei ns. precedenti
saggi, trattasi di Giove colto nell'atto della trasformazione in Aquila (si veda
in proposito l'Iliade di Omero (X, 265-267), le Metamorfosi di Ovidio (X,
148-161) e Eneide di Virgilio, V,
249-255, etc.). Nessun'altra cultura precedente a quella greco romana associa
l'Aquila ad un
essere umano. L'Aquila è
connessa a Giove anche nel mito di Prometeo e nel
mito della lotta tra Saturno e i suoi
figli;
25. Un'immagine raffigurante la costellazione dell'Aquila e presente nel testo arabo di magia astrale Liber locis stellarum fixarum di Al Sufi del 964
(manoscritto del quindicesimo secolo in deposito presso la ForschungBibliothek
di Gotha in Germania Pergamenthandschrift M II 141, una delle numerose edizioni
del Liber locis
stellarum fixarum che Al Sufi scrisse
nel 964 per tradurre dal greco l’Almagesto di Tolomeo) corrisponde
perfettamente al megalite dell'Argimusco tanto
per la posizione del becco rivolto verso destra quanto per l'apertura delle ali
rialzate come nel momento di spiccare il volo. Questo elemento, unito a quello
sopraccitato relativo al mito di Giove
trasformatosi in Aquila, confermerebbe che il modello utilizzato dagli autori del megalite era
probabilmente il sopraccitato libro e che, dunque, il megalite è coevo
o successivo almeno al 1000 d.C.;
26. le tecniche per la riproduzione dell'immagine degli astri in "sigilli o statue" per fini medici (spiegate in alcune opere arabe medievali,
nel Picatrix, nel De Imaginibus
del sabeo Thebit Ibn Qurra e nel De Radiis
Stellicis di Al-Kindi, etc.) fecero abbondante riferimento ai miti astrali dello scrittore romano Igino. Enormi statue di pietra
(i megaliti) vennero poi issati sull' Argimusco da Arnau de
Vilanova, grande ammiratore delle opere di Al-Kindi e del
sapere astrale sabeo;
27. i testi medici arabi sulle
virtù delle immagini (statue) di
pietra riproducenti le costellazioni e
sull'influenza dei raggi stellari sulle stesse immagini,
vennero tutti tradotti in latino alla corte di Alfonso X il
Saggio re di Castiglia nel 1250 e da lì
portati in Sicilia dai sovrani aragonesi oltre che dal medico catalano Arnau de
Vilanova;
28. Arnau venne in contatto con le idee di Al-Kindi sulla
relazione tra stelle, raggi e immagini in
stile sabeo durante la sua attività accademica a Montpellier e lo citò spesso nei
suoi libri. Arnau de Vilanova nelle sue opere
parlò diffusamente delle costellazioni e
dei corrispondenti sigilli o immagini che le ritraggono al fine di applicazioni di medicina astrale
(melotesia). All'epoca,
nel contesto culturale arabo ispanico, era in gran voga la medicina
astrale. Essa si basava su applicazioni di erbe e altri preparati fatte in
connessione con le fasi lunari e
sull'influenza dei raggi stellari su statue di pietra
(o su sigilli) riproducenti i simboli delle varie costellazioni;
29. in parallelo con le statue sabee
utilizzate da Arnau sulla base dell'insegnamento di Thebit Ibn Qurra
e Al Kindi, è giunta a noi una tradizione orale secondo la quale Arnau de
Vilanova avrebbe realizzato “statue favellatrici” (vedasi Arturo Graf, in
Miti , superstizioni e leggende, II, 24 sg, 1893 e Giornale storico della
letteratura italiana, XXVII,
fase. 79. 2 – 1896). Forse, gli echi naturali presenti sul sito e sentiti nel
contesto delle preghiere, canti e invocazioni raccomandate da Arnau per la
preparazione dei sigilli delle costellazioni
(nell'opera De Sigillis),
avrebbero potuto determinare la leggenda delle “statue parlanti”;
30. Ramon Muntaner
portò due falconi in regalo a Federico III nel luglio del 1312 (“...quel senyor
rey era a Montalba en un lloch que ell esta volenters destiu, e aço era en
iuliol; e yo ane lla e done los dos falcons al senyor rey...”). Trattavasi dei
falconi con cui Federico III andava a caccia nella riserva di caccia reale del Bosco
di Malabotta. Nella
riserva era compreso l’Argimustus in cui Arnau realizzò le opere
fisiche (megaliti/statue) dello speculum delle stelle grazie alle risorse della
Camera Reginale
oggetto della concessione. L'area era demaniale
per gli effetti di un documento, dotato di epistola di ratifica da parte di
Papa Innocenzo III del 17 giugno 1211, che attesta che “Montalbano
con tutti casali e tenimenti suoi”, per disposizione di Federico II di
Svevia, era entrato a far parte del “dodario” (la dote) della moglie Costanza d’Aragona
e, come tale, apparteneva al demanio regio.
31. Di sestanti di pietra, come quelli dell'Argimusco, non esiste alcuna
prova nei periodi precedenti
all'epoca storica. I sestanti di pietra erano, invece, una sorta di specialità
per gli astronomi medievali arabi. A loro
viene attribuita l'invenzione e la sperimentazione di tali strumenti per la
prima volta nella storia. Il primo sestante di
pietra conosciuto venne costruito a Ray, in Iran, da Abu-Mahmud
al-Khujandi nel 994. Lo strumento aveva un arco di 60 gradi su un muro allineato lungo un
arco meridiano sulla linea nord sud. Il sestante sull’Argimusco ha un angolo di
curvatura di 60°. Inoltre il sestante dell'Argimusco è di pietra come quello
di al-Khujandi ed è perfettamente allineato lungo la
meridiana sulla linea nord sud.
Al-Khujandi usò il suo strumento per misurare l'angolo del sole
sull'orizzonte nei solstizi d'estate. L'utilizzo dell'Argimusco, anche per ragioni
climatiche, era anch'esso legato al solstizio estivo, come il sestante di
al-Fakhri. Le costellazioni riprodotte nei megaliti sono
infatti esattamente quelle presenti sull'orizzonte al tramonto del solstizio
estivo.
32. le immagini della costellazioni ritratte nel Liber locis stellarum fixarum di Al Sufi del 964
e nelle varie edizioni successive (quì abbiamo utilizzato quelle del
manoscritto del quindicesimo secolo in deposito presso la ForschungBibliothek
di Gotha in Germania Pergamenthandschrift M II 141 Pergamenthandschrift M II
141) riproducono specularmente le immagini scolpite o ricavate nella roccia
delle statue di Argimusco.
33. il toponimo di “Stella Aragona, unico in Europa, è stato messo al
quartiere Guardia di Malpasso ove andò a risiedere la Regina Eleonora d'Angiò
nel 1337. Che il toponimo faccia riferimento ad Eleonora è confermato
dall'usanza ancora viva di esporre stendardi con la scritta S e A (che
starebbero per Stella Aragona) su colori giallo e blu (colori della casata
Angioina cui apparteneva Eleonora). Non può essere un caso che Eleonora venga
ancora ricordata nei luoghi ove abitò come una “stella”. Se teniamo a mente la
vasta letteratura in materia di medicina astrologica del Maestro Arnau de
Vilanova, il forte rapporto di questi con Eleonora e con suo marito presso la
cui Corte di Montalbano andò a risiedere per alcuni anni, l'interesse per le
stelle comune alla casata della Corona d'Aragona e gli altri indizi
sopracennati, non può essere una coincidenza che si sia chiamata Eleonora
“Stella dell'Aragona” e non, ad esempio, “Fiore dell'Aragona”. Il fatto che la
regina sia ricordata, nel posto ove andò ad abitare, per una sua connessione
con le stelle, è, dunque, indizio di una sua probabile committenza dell'opera
dello Specchio delle Stelle.
34. il 26 agosto 1311 dal Palacium reale di
Montalbano il Re Federico ingiunse alla Camera Reginale del Val di Noto di
pagare un exenium, ovvero un donativo coatto, per fini non specificati.
Il tributo non venne pagato per una sorta di diserzione fiscale ante-litteram.
A distanza di un anno e mezzo il Re dovette insistere per il pagamento prima
con atto del 24 gennaio 1313, poi tenendo un colloquio generale nel Parlamento
di Castrogiovanni nel giugno 1313 ed infine ancora con atto del 18 luglio 2013.
Nel Parlamento dovette giustificare l'obolo imputandolo a motivi di guerra,
nell'atto del 18 luglio spiegò che era stato imposto “habita compensationem
ad quantitatem proinde alias terras et loca Sicilie contingentem” indicando,
dunque, il trasferimento delle risorse siracusane ad altro luogo di Sicilia
(Montalbano, da ove l'atto era stato emanato). Al fine di dare importanza al
tributo, l'atto venne emanato dal Re in persona (e non dalla Regina sulla
propria Camera Reginale) e venne nominato quale addetto alla riscossione il
Maestro Razionale (tesoriere di corte) Enrico Rosso, e non un gabellano come di
solito. Il Rosso era tra le personalità citate da Ramon Muntaner come presenti
alla Corte di Montalbano durante le sue visite (1309 e 1312), ove è probabile
che egli fosse anche il 26 agosto 1311, insieme a Arnau de Vilanova di cui è
certa la presenza quel giorno a Montalbano. L'atto è l'indizio principale che
attesta la provenienza delle risorse per la committenza regia dell'opera sul
demanio reale di Argimustus, opera da realizzare secondo le tecniche
medico-astrologiche descritte nell'opera di Arnau de Vilanova, del quale è
sicura la presenza a Montalbano tra il 1309 e il 1311. La successiva insistenza
del Re era probabilmente giustificata dall'imminente arrivo in Sicilia (agosto
1313) dell'altro alchimista astrologo catalano Raimondo Lullo, forse chiamato
per completare l'opera di Arnau. Che quelle ingenti risorse siano servite ad
altro che non l’Argimusco, è da escludere. Non si ha motivo di dubitarne se
consideriamo il clima di urgenza causato dall’attesa apocalittica, la contemporanea
presenza a corte di uno dei personaggi religiosi e culturali tra i più famosi e
controversi del Medioevo autore delle profezie, la riproduzione sull’attiguo
sito demaniale reale dei simboli culturali e degli strumenti per le tecniche
mediche praticate da Arnau de Vilanova e il fatto che, infine, l’allargamento
del castello era stato certamente concluso prima del 1309 data dell’arrivo al
Palacium di Ramon Muntaner. Altra grande opera coeva non risulta nei dintorni: le
due piccole chiesette di Santa Caterina e Spirito Santo erano state fatte nel
1310 e comunque con la somma del tributo se ne sarebbero potute costruire varie
decine di quelle chiesette.
35. l'alchimista
napoletano Giovan Battista della Porta era
stato tra il 1558 e il 1579 più volte in Sicilia (non
sappiamo dove). Nel suo libro De Distillatione
del 1608 appaiono l'uno a fianco all'altro due pellicani: uno è l'uccello che,
come nell'iconografia cristiana medievale, si morde il petto, l'altro è l'alambicco con la pancia e i
manici curvati. Essi sono la perfetta riproduzione dei due megaliti del pellicano e
dell'alambicco
presenti all'ingresso del sito. Il Della Porta si
proclamava nei suoi libri “discepolo di Arnau de
Vilanova”, come confermano il Martuscelli e il Caillet. La sua prima visita in Sicilia è del
1558. Nello stesso anno, 1558, il Fazello scriveva
del sepolcro di Arnau nel castello di Montalbano
dicendo “Nobilitatur Raynaldi
Villanovae medici & mathematici clarissimi sepulcro: quod in sacello arcis
ab omnibus visitur”. Nell'anno 1558 il suo sepolcro era, dunque, visitato ab
omnibus, e forse anche da Della Porta.
36. Il primo inquisitore del regno, il vescovo di Patti, Don Bartholomeo Sebastian, nel 1555 torturava le streghe Antonia Napoletano,
Giovanella detta la lunga, Grazula Curuli, Mariana la
greca, Catarinella de Batello e la
napoletana Vitella Pellegrino. Probabilmente, le sopraccitate avevano frequentato il sito visto la notorietà del luogo quale luogo di
stregonerie: il fatto che ad inquisirle fosse il vescovo di Patti, avente
competenza territoriale su Montalbano,
potrebbe supportare tale ipotesi. Un ulteriore coincidenza è, nel libro "Magiae naturalis
sive de miraculis rerum naturalium" sempre dello stesso fatidico anno, il
1558, ove il Della Porta parla delle streghe e di un
unguento che doveva essere spalmato sulla pelle per consentire la levitazione del sabba. E' dunque verosimile che il Della Porta nel
1558 sia venuto in Sicilia sui luoghi ove aveva vissuto il suo maestro al fine di visitare
il sepolcro e l'Argimusco di cui
riportò le immagini di due megaliti nel
testo del 1608. Ed è anche verosimile che ivi incontrò delle streghe di cui
parlò nel testo sopraccitato dello stesso anno.
37. il sonetto Carlo V scritto nel 1659 dal poeta italiano Francesco Maria Santinell narra di un tale Argio che un
giorno vide una statua di un Pellicano,("a
divorarsi il cor mostrasi intento"), e una statua della Fenice (ovvero
l'Aquila) rivolta
al sole. Queste statue erano
poste in un luogo in tutto simile all'Argimusco, su un rilievo immerso
nelle foreste, ("...signoreggia da un colle alta foresta...") e
vicino ad un "illustre castello". Il creatore e guardiano della statue era Arnau de
Vilanova. Giacchè è noto che il Santinelli apparteneva
al cenacolo alchemico romano di Cristina di
Svezia non è improbabile che vi sia lì giunta una tradizione orale sui luoghi e
statue realizzate da Arnau in Sicilia.
38. Arnoldus Saxo nel testo “Liber de
coloribus gemmarum”, contenuto nel “Liber de Floridus”, nel XIII
secolo in questo modo indicava quali virtù fossero contenute nel sigillo
raffigurante la costellazione
del Cigno: “Si inveneris in quo sit Signum (Sc. Cygnum) quod preest Aquario,
ille lapis procul dubio te liberabit a paralisi et a febre quartana”. (Arnoldus
Liber Floridus 19)”. Il megalite
raffigurante la costellazione
del Cigno è presente sull'Argimusco;
39. Arnoldus Saxo nel testo “Liber de
coloribus gemmarum”, contenuto nel Liber de
Floridus, nel XIII secolo così indicava le virtù del sigillo raffigurante la
costellazione del Serpentario: “Si inveneris
serpentarium habentem serpentem
cinctum, cuius manus dextra caput tenet, cum sinistra caudam, talis gestatus
liberat hominem a veneno vel etiam bibitus ante cibum vel post”. Camillo Leonardi nel
1502, nel suo Speculum Lapidum invece diceva
“Est hominis figura habentis serpentem
cinctum, tenentis in dextra caput & in sinistra caudam. Est in signo
scorpionis & in septentrione, naturam habet Saturnis ac Martis. Virtus
eius si in lapide sculptus est, valere contra venena, velenosorum animalium
mrsus curare: & si sotura eius bibatur facit venenum evomere sine lesione
aliqua”. Il megalite raffigurante la costellazione del Serpentario è
presente sull'Argimusco;
40. sempre Arnoldus Saxo nel XIII secolo
così diceva delle virtù del sigillo raffigurante la costellazione dell'Aquila: “Si inveneris in quo sit Aquila qui
preest Capricorno, ille lapis
conservabit veteres honores et novos acquiret” (Arnoldus Liber Floridus 21)”
mentre Camillo Leonardi nel
1502 diceva: “Aquila sive
vultur cadens est imago aquilae volantis
cum sagitta sub
pedibus, in candro et in
septentrionali parte collocatur. Jovis ac Martis naturae est.
Sed Sagitta martis ad veneris: hae constellatione sum in lapide sculpta erunt, aut
una ipsarum gestantis veteres
honores conservat, ad novos acquirere facit, & ad victoriam conferre
dicunt”. Il megalite raffigurante la costellazione dell'Aquila è presente sull'Argimusco;
41. Arnoldus Saxo così raccontava le
virtù del sigillo raffigurante la costellazione dell'Hydra: “Si inveneris lapidem in quo sit serpens habens
urnam super dorsum et corvum super caudam, qui hunc habuerit, omnibus
habundavit bonis, erit astutum et providus cura signa. Hic lapis etiam creditur
posse resistere omni nocivo. Hic enim habet cancrum sub quo mittit caput suum,
et dirigit ipsum usque ad centaurum” (Liber Floridus 14). Il megalite
raffigurante la costellazione del'Hydra è presente sull'Argimusco;
42. sempre Arnoldus Saxo, nel XIII secolo,
così indicava le virtù del sigillo raffigurante la costellazione della Vergine:”Si
inveneris virginem insculptam habentem manus sitas ad modum crucis et extensas,
intra angulum in capite et in cathedra sedens, hic lapis est solamen post
laborem requies post infirmitatem, et in sanitate perfectissima custodit”,
mentre nel 1502 Camillo Leonardi: “Virgo stolata cum veste profusa sculpta in jaspide, tenensque laurum in
manu, gestantem potentem reddit, ac facile ab obminibus impetrantem, nec in
aqua submergetur”. Il megalite
raffigurante la costellazione
della Vergine è presente sull'Argimusco;
43. Arnoldus Saxo, nel XIII, secolo
così diceva delle virtù del sigillo raffigurante la costellazione
del Leone: “Si inveneris leonem, hic
valet ferenti ipsum contra ydropisim et egritudinem frigoris”. Il megalite
raffigurante la costellazione
del Leone è presente sull'Argimusco.
44. Camillo Leonardi nel suo
Speculum Lapidum del 1502 così
diceva della proprietà del sigillo riproducente la costellazione
del corvo: “Corvus his
cognitis vociferare incipiet: a longeque volabit ad hunc lapidem inveniendum:
& invento ad nidum accedet: tactisque ovis ut cruda ac prolifica redibunt.
Surripiatur lapis subito a nido. Cuius virtus est divitias augere, honores
praebere ac multa futura praedicere”. Il megalite
raffigurante la costellazione
del Corvo è presente sull'Argimusco;
45. nel De Sigillis Arnau
esprime la convinzione che i sigilli astrali
di pietra di Ariete e Bilancia possano proteggere dall'azione e dalle "insidie" dei demoni. Arnau
dice che bisogna praticare i salassi dal
giorno 18 al 24 del mese lunare, mese lunare calcolato
sulla base delle tacche incise su alcuni megaliti;
46. nell'Antidotarium
Arnau parla poi di come realizzare un
particolare sigillo di pietra non zodiacale ritraente la costellazione del Serpentario al
fine di curare gli avvelenamenti causati da morsi di serpente. Come
visto l'enorme sigillo megalitico del Serpentario (Ofiuco) è presente sul sito;
47. nel De Sigillis Arnau
così indica come preparare il sigillo della costellazione della Vergine. Il sigillo megalitico della
Vergine è presente sull'Argimusco;
48. Arnau curò i calcoli renali del Papa Bonifacio VIII
con un sigillo d'oro con sopra inciso un segno del Leone, posto sul
rene con una cintura: nelle opere Speculum
Medicine, De Parte Operativa e nel De Sigillis parla
delle cure con il sigillo di pietra del Leone. Il
sigillo megalitico del leone anch'esso
presente sull'Argimusco,
accanto alle Vergine;
49. In Aphorismi stravaganti Arnau
consiglia di applicare un sigillo astrologico di pietra sui piedi per curare la
gotta e la gotta di Federico III, secondo la tradizione, veniva da lui curata
sull'Argimusco;
50. nei libri Regimen Podagre
e Regimen Sanitatis Arnau fornisce
accurate istruzioni per fare certe terapie utilizzando l'astrolabio al fine del calcolo
delle fasi Lunari per le
erbe o medicamenti da somministrare e per la profezia sul decorso delle
malattie o sulla morte del paziente, con la Sfera di Pitagora (una
sorta di astrolabio utilizzato in
connessione con il Sestante inciso nella pietra) nonchè raccomanda di evitare di fare salassi con la Luna in gemelli.
Sull'Argimusco le tacche incise sui megaliti e il sestante arabo servivano, con
la vasca per le sanguisughe etc, servivano per le terapie mediche astrali;
51. nel Regimen Sanitatis Arnau osserva
che i giorni per i salassi sono i giorni Lunari nei tre
mesi di maggio, settembre e aprile classificandoli come “giorni dell’Hydra”. Anche qui vediamo un riferimento astronomico ovvero alla Luna e alla
costellazione dell’Hydra anch'essa
presente come sigillo megalitico sull’Argimusco;
52. nel De Iudiciis Astronomia, Arnau dichiarava che la energia astrale o una congiunzione
planetaria adeguata o la entrata di un segno zodiacale
nell’ascendente, potevano aumentare
il potere delle proprietà sanatorie dei “sigilli” di pietra, sull'Argimusco statue thebitiane di pietra. Arnau,
ancora, nel testo De parte operativa dice di
utilizzare sigilli di pietra astrali al fine della cura delle alienazioni mentali;
53. nel De iudiciis astronomie, a proposito del rapporto tra immagini, pietre
e stelle, riferendosi a Thebit, Arnau
dice “Unde secundum Thebith ymagines
unt habentes virtutes lapidum preciosorum mineralium nec ab aliquo habent
virtutem nisi ab aspectu planetarum in tempore quo ariuntur. Cum materia
illarum sit terrea quod apte unt vel metallea, id est tunc
ex parte materie non potest multam acquirere virtutem, sed solum ex virtute
celesti quet in tempore factionis eorum. Sic est de confectionibus quibuslibet
a medicis compositis paulo minus habent virtutem a tempore confectionis, sed in
illo comparatur melius quam ex parte materie ex qua componunt”;
54. nel Defloratio Philosophorum, ritrovato all'interno del Codice Speciale
(cosiddetto Manoscritto di Palermo), Arnau
nell'incipit scrive "...defloraziones quorundam philosophorum sub
compendio in alchimia cum quibusdam aliis ad artem ymaginum spectantibus" per
poi proseguire "Post hec convertit animum suum philosophus et contemplatus
est ea que articulis
superiorum corporum habent ad inferiora influentiam et impressione assiduam. Et
coniectavit quantum ymaginibus celi et earum
ascendentibus quod esset omnis eficacia quam circa habitantes terram hunc
fieri. Et dixit quod in faciebus signorum esset virtus maxima operandi omnia
que homines desiderant et maxime in dominibus et gaudiis et triplicitatibus
terreis vel terris, sive terrenis et eorum corructionibus hic et inde...".
Considerato che il
codice è indiscutibilmente coevo o poco successivo all'epoca di Arnau (massimo
1350), il testo contraddice tutte le tesi degli ultimi anni che sottraggono
ogni interesse alchemico al medico Arnau (tanto in difformità ai canoni della medicina
dell'epoca profondamente intrisa di alchimia). Il
codice, inoltre, lega indissolubilmente l'astrologia e l'uso delle immagini riproducenti
le stelle (vedi sopra la citazione di Arnau su Thebit) all'alchimia. Quest'ultima veniva
considerata "l'astrologia del sottotterra";
55. il pellicano che si becca il petto,
simbolo del sacrificio cristico per i propri figli, presente all'ingresso del
sito sulla sinistra, compare, tra altri simboli, nella sintesi dell'Opera illustrata
alla f.92 del Rosarium philosophorum di Arnau de
Vilanova. Tali simboli cristiani alchemici erano in voga presso i francescani spirituali, come
l'alchimista
francescano Giovanni da Rupescissa, cui lo
stesso Arnau con entusiasmo aderiva;
56. il Delta presente dietro il megalite della Vergine è
un'altra delle prove della presenza di Arnau sull'Argimusco: tra i gradi templari vi
erano, infatti, i "Cavalieri del Delta
Sacro". Loro compito "custodire con fedeltà il tesoro della sapienza
tradizionale, sempre velandolo a coloro che non sappiano penetrare nel "terzo cielo". Dall'orfismo e dal pitagorismo
sappiamo che il terzo cielo è
quello di Venere (P.Negri Il
linguaggio segreto dei Fedeli d'Amore,
UR 1928). Il delta era il simbolo del Tetragrammaton
ovvero il nome di Jahve ("יהוה"): Joth, Heth, Van (Vau), Heth. Di esso
Arnau tratta estesamente nel suo libro Allocutio super
significatione nominis Thetragrammaton. Arnau, nel
testo, riduce le lettere del Thetragrammaton
da quattro a tre (delta) per
ricondurre il nome di Dio alla Trinità cristiana, seguendo anche l'insegnamento
ebraico cui era stato introdotto dall'ebreo convertito Ramon Martì.
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Tanto sopra riportato, si impone la finale evidenza: non esiste alcuna
prova scientifica sull’origine preistorica dei megaliti. La
massa di evidenze (ben 56), impietosamente, attesta un origine di gran lunga
più recente. Le prove convergono tutte su tre figure storiche oggi
pressochè dimenticate: il grande Federico III d'Aragona, re di Sicilia, sua
moglie Eleonora d'Angiò e il suo medico, Arnau de
Vilanova, rispettivamente, finanziatori, i primi due, e ideatore, il
terzo, del sito di medicina astrale dell'Argimusco.
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